Dopo due mesi, otto settimane e almeno otto consigli dei ministri, è ufficiale: lo stato di emergenza richiesto dalla Regione Abruzzo per l’incendio del Morrone non è stato mai preso in considerazione dal governo Gentiloni. Carta straccia. Un’inutile esibizione. Nonostante i viaggi a Roma, le passerelle dai ministri e dei ministri, non ha avuto alcun effetto. Tanto che non se ne parla proprio più.
Era stato il primo atto firmato da Luciano D’Alfonso, al ritorno dalle ferie, dopo giorni e giorni di sottovalutazione del pericolo e delle fiamme che stavano devastando un vasto pezzo del territorio abruzzese. Era il primo settembre e la notizia viene battuta da tutte le agenzie di stampa, da tutti i giornali, anche quelli nazionali. Sono i giorni dell’inferno e la Regione si premura di diffondere un comunicato in cui annuncia di aver approvato una delibera per la richiesta dello stato di emergenza da formalizzare al governo “per eccezionali incendi boschivi che hanno interessato gran parte del territorio, in particolare il monte Morrone”.
“Si tratta di una calamità eccezionale che sta mettendo in ginocchio l’Abruzzo”, dichiara il governatore all’Ansa. E in effetti gli incendi di medie e grandi dimensioni che hanno colpito l’Abruzzo nell’agosto più caldo degli ultimi cinque anni sono stati circa 200, e hanno interessato diverse località della Marsica, della Valle Peligna e dell’Area Vestina, nonché alcune aree di pregio naturalistico del Parco nazionale della Majella, del Parco nazionale del Gran Sasso-Monti della Laga e del Parco regionale Velino-Sirente, dove sono stati bruciati complessivamente 5.000 ettari di terreno, di cui il 60% ha riguardato aree boschive nelle quali sono morti anche animali tutelati.
Ma lo stato di emergenza finisce in una bolla di sapone, come era facile prevedere. La legge stabilisce che lo stato di emergenza possa essere dichiarato al verificarsi o nell’imminenza di calamità naturali, oppure per eventi connessi all’attività dell’uomo, che per intensità ed estensione devono essere fronteggiati con immediatezza di intervento con mezzi e poteri straordinari. Può essere dichiarato anche in caso di calamità naturali o gravi eventi all’estero. La durata dello stato di emergenza non può superare i 180 giorni e può essere prorogata di altri 180 giorni, con ulteriore deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Con lo stato di emergenza naturalmente arrivano soldi, tanti soldi da Roma: la delibera dello stato di emergenza stanzia l’importo per realizzare i primi interventi. Ulteriori risorse possono essere assegnate, con successiva delibera, a seguito della ricognizione dei fabbisogni realizzata dai Commissari delegati.
In genere, lo stato di emergenza viene dichiarato quando c’è rischio per l’uomo. E infatti, nell’elenco pubblicato dal dipartimento della Protezione civile c’è la dichiarazione per gli eventi meteorologici del 2016 in provincia di Foggia e Bari, quelli di agosto 2017 in Valle d’Aosta, oppure ancora a Livorno, Rosignano marittimo e Collesalvetti, per il sisma di Casamicciola a Ischia il 21 agosto 2017, per la crisi di approvvigionamento idrico dell’Umbria, per il maltempo nel Molise, e via di questo passo.
Di incendi, neanche l’ombra. E nelle sue recenti e fitte visite romane, neppure Dalfyne parla più.
ps: Una promessa mancata, non è la prima, non è l’ultima. Mapero’ ve le racconterà.
twitter@ImpaginatoTw