Stanno lì, non dimenticano, non rimuovono, non voltano pagina. Stanno lì con tutto il loro carico di dolore e di ricordi, ogni giorno ogni mese ogni ricorrenza, stanno lì tutti insieme, con le foto dei figli e delle mogli dei mariti e dei nipoti uccisi dalla valanga di Rigopiano. Stanno lì mentre sarebbe più facile, più ovvio più comodo, almeno per guarire, per elaborare il lutto, per sopravvivere, andare oltre. Ma oltre non possono andare.
Stanno lì, i parenti delle vittime della tragedia di Rigopiano, e ci sono stati giovedì scorso, nel giorno della plateale passerella di Renzi, sotto la procura e sotto la prefettura di Pescara. Non dimenticano, non cancellano, e le loro magliette le foto i loro occhi soprattutto, rappresentano un monito costante per i magistrati a cui chiedono giustizia e per i politici ai quali urlano vergogna.
Sì, sarebbe più facile rassegnarsi, in questo Paese in cui tutto viene cancellato prima ancora dalla memoria collettiva e poi dai tempi della giustizia, invece no: rieccoli qui.
L’Apperò di questa settimana va a loro, ai parenti delle vittime di Rigopiano, al loro infaticabile portavoce Gianluca Tanda, a tutti loro che resistono, e sperano: sono passati nove mesi, 29 vittime, e tante parole e promesse inutili, e le macerie ancora lì intatte come un ultimo devastante oltraggio.
Chissà se lo sanno che in questi tempi di campagna elettorale permanente, con le nuove elezioni che si avvicinano, le passerelle e gli annunci e le conferenze stampa che monopolizzano le cronache della politica, la loro voce diventa addirittura più forte e più pericolosa, per chi sta dall’altra parte.
Apperò comitato delle vittime, bravi perché non vi fermate e non vi scoraggiate, bravi perché anche il dolore (e l’in-giustizia e l’in-differenza) alla fine può dare certo la forza ma anche lo sfinimento e voi avete scelto la forza.
“Sara’ impossibile fare pace con le istituzioni, perche’ sappiamo tutti che non e’ stata colpa della natura, ma di un errore umano, a partire dalla centralinista che ha risposto alle prime richieste di aiuto per arrivare a chi governa questa regione e questo Paese”, ha detto Gianluca Tanda, il portavoce, che insieme a tutti gli altri indossava una maglietta bianca con la scritta: “I nostri angeli meritano giustizia”.
“Qui si giustificano con i tagli – ha aggiunto Tanda – Ma se non hai i soldi chiudi la strada e fai andare via le persone dall’albergo. Il comitato si aspetta risposte, visto che la situazione e’ la stessa di nove mesi fa e non ci sono stati rapporti con le istituzioni”.
Qualcosa, alla fine, l’hanno spuntata: il procuratore ha detto che ci saranno altri indagati, che si andrà fino in fondo. E poi, uno di loro è andato in prefettura. Giampaolo Matrone ha una mano massacrata e ha perso la moglie sotto la valanga, ed è voluto andare di persona a incontrare la funzionaria che il 18 gennaio scorso non credette alle prime richieste di aiuto arrivate al telefono dal cuoco Quintino Marcella. “Non è colpa mia”, ha detto la donna che è poi scappata via piangendo.
Per Giampaolo è finito il tempo dei rimborsi per le cure, dovrà pagarsele da solo. L’ultimo schiaffo.
ps: che bell’Apperò sarebbe se le istituzioni si facessero almeno carico di quella mano lacerata, di quell’uomo, delle sue cure e prorogassero i termini per i rimborsi. Sarebbe un Apperò meraviglioso, quel giorno lì.
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