La Edison ha consegnato il progetto per la bonifica delle aree inquinate di Bussi sul Tirino. Il carteggio è stato inviato dal colosso belga nei tempi imposti dal Ministero dell'Ambiente. Ora manca l’ultimo passaggio. Con il definitivo affidamento alla Dec-Deme, aggiudicataria del mega appalto da quasi 50 milioni di euro, i lavori per il risanamento ambientale potranno partire.
Secondo il Forum dell’Acqua, però, l’elaborato presentato da Edison sulla discarica Tremonti ''non è un progetto di bonifica e prevede interventi minimali sugli inquinanti, senza la rimozione della stragrande parte del materiale contaminato, la fonte di inquinamento''.
PROGETTO INACCETTABILE
Per il Movimento H2O si tratta di un progetto inaccettabile, anche dal punto di vista dell’inconsistenza formale: ''Aspettavamo documenti corposi, cronoprogrammi, costi, previsioni di rimozione totale delle masse di rifiuti interrati e terreni contaminati per decine di migliaia di mc. Tempi certi. Le poche decine di pagine di elaborati depositati – continuano gli ambientalisti.- ci paiono di fatto costituire uno studio di fattibilità limitato in gran parte ad interventi a valle che non risolvono a monte il problema”.
Il Forum H20 ritiene che il piano di lavoro sia incompleto: “Non si procede a togliere il materiale che produce inquinamento. In tutto è prevista la rimozione di 600 mc di materiali a fronte di oltre 150.000 mc di terreni e rifiuti contaminati stimati dalle caratterizzazioni della Procura e del Commissario “.
La proposta di Edison prevede, secondo il Forum, modalità di intervento assimilabili a tentativi di risoluzione di un’emergenza, in grado di agire solo su alcune tipologie di inquinanti presenti nell’area e non su tutte le sostanze trovate in questo decennio. Che nel dettaglio sono: “il completamento della palancolatura, poi un telo di plastica fissato a mo’ di barriera nella parte nord per cercare di confinare la falda. Infine alcuni interventi come l’ossidazione chimica in alcuni punti i più critici con trattamento sempre a valle delle acque”. Criticati infine anche i continui rinvii a ulteriori indagini integrative e i tanti elementi di incertezza che ancora condizionano i progetti.
M5S VS D'ALFONSO
Attaccato anche da Sara Marcozzi, che chiama in causa il presidente della Regione Luciano D’Alfonso. La consigliera regionale del M5S considera necessaria una dose di ottimismo per definire “progetto” l’elaborato della Edison. “Abbiamo dovuto aspettare un decennio per avere questo documento e il risultato è squalificante, per chi lo ha proposto e per chi lo ha ricevuto”, tuona Marcozzi, da sempre in prima linea nella battaglia ambientale su Bussi e firmataria di ben 3 esposti per fare chiarezza e rendere giustizia al territorio martoriato negli anni dal polo chimico.
“Quello che propongono non è un progetto di bonifica – sostiene la consigliera - non è prevista infatti la rimozione del materiale contaminato che è fonte di inquinamento. “Siamo fermi a 10 anni fa. E’ il momento di smetterla di prendere in giro una regione intera. Il Presidente D’Alfonso non può accettare una simile proposta e dovrebbe mettere in campo tutte le azioni necessarie per uscire da questo immobilismo dannoso per il territorio e per chi lo abita”, continua la grillina“.
La scorsa estate il M5S tramite esposto aveva denunciato la mancanza di interventi per la messa in sicurezza che sarebbero dovuti arrivare in attesa del vero progetto di bonifica. “In tutti i livelli istituzionali abbiamo depositato interpellanze, sollecitato gli organi competenti e, da ultimo, presentato tre diversi esposti al Comando dei Carabinieri Forestali di Pescara e alla Procura Generale della Corte dei Conti - spiega la rappresentante pentastellata-. ll primo avente a oggetto l’inquinamento persistente, il secondo l’appalto di bonifica del commissario Goio e il terzo l’area sita in località Piano D’Orta. Dalla rivoluzione industriale a oggi, ci sembra di tutta evidenza che, nella stragrande maggioranza dei casi e in particolar modo per le aziende del petrolchimico, il modus operandi sembri essere il seguente: insediamento sul territorio, sfruttamento della produzione per 30-60 anni, abbandono delle aree con conseguente boom della disoccupazione ed eredità di terreni inquinati e costi insostenibili per la bonifica delle aree sfruttate. Quale ricchezza hanno lasciato in Abruzzo? Quale ricchezza hanno prodotto in termini di occupazione e reddito questi investimenti?”
E’ la domanda della Marcozzi alla politica che “deve rispondere e agire di conseguenza”.
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