I recenti casi di bambini sottratti a famiglie che avevano scelto di vivere “off-grid” nei boschi hanno riacceso un dibattito profondo. In poche settimane lo Stato ha agito con una tempestività rara: controlli, relazioni, decreti, allontanamenti immediati. Una macchina pubblica rapida e reattiva.
Ma a fronte di questa prontezza, migliaia di bambini che vivono nelle baraccopoli, negli insediamenti informali, nei campi profughi, continuano a crescere per anni in condizioni drammatiche, senza che lo Stato intervenga con la stessa forza.
Da qui nasce una domanda inevitabile:
perché la tutela minorile è così selettiva? Perché alcuni bambini sono “salvati” e altri restano invisibili?
QUADRO NORMATIVO: cosa dovrebbe fare lo Stato
La tutela dei minori in Italia è regolata da norme molto precise:
▪ Legge 184/1983 (“Diritto del minore a una famiglia”)
Stabilisce che il minore deve essere allontanato solo quando non esistono alternative e quando la sua salute psicofisica è gravemente compromessa.
L’art. 1 afferma chiaramente:
«Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia.»
▪ Art. 403 del Codice Civile
Consente l’allontanamento immediato del minore “in stato di abbandono morale o materiale”.
È lo strumento usato nei casi dei bambini nei boschi, ma raramente in quelli delle baraccopoli.
▪ Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia (1989)
Art. 27: ogni bambino ha diritto a un tenore di vita adeguato.
Art. 3: l’interesse superiore del minore deve essere il criterio guida “in tutte le decisioni”.
▪ Linee di indirizzo per l’intervento nei confronti di minori in situazione di vulnerabilità (CISMAI – Ministero)
Indicano che la povertà economica non può di per sé costituire motivo di allontanamento, ma deve attivare misure di sostegno pubblico.
I DATI: dove lo Stato interviene, dove sparisce
▪ Bambini allontanati: circa 27.000
Secondo gli ultimi dati di ISTAT e Garante Infanzia, ogni anno oltre 27.000 minori si trovano fuori dalla famiglia d’origine:
14.000 in comunità
13.000 in affido etero-familiare
Ma solo nel 3–4% dei casi l’allontanamento è dovuto a maltrattamento grave:
la maggior parte riguarda fragilità genitoriali, disoccupazione, isolamento o povertà.
▪ Bambini in povertà assoluta: 1,3 milioni
Dati ISTAT 2024:
1 bambino su 8 vive in povertà assoluta.
Per milioni di questi minori mancano servizi educativi, sanitari, abitativi, ma lo Stato non interviene con lo stesso vigore visto nei casi delle famiglie “off-grid”.
▪ Bambini nei campi informali (Rom, Sinti, insediamenti precari): circa 12.000
Rapporto Associazione 21 Luglio:
oltre 12.000 minori vivono in insediamenti monoetnici o baraccopoli, spesso in strutture pericolose, senza riscaldamento, bagni funzionanti, acqua potabile.
Eppure, gli allontanamenti in questi contesti sono rarissimi, perché denuncerebbero una responsabilità pubblica: l’incapacità dello Stato di garantire condizioni minime di vita, non solo ai bambini, ma all’intera comunità.
▪ Povertà minorile e dispersione scolastica
Save the Children 2024:
dispersione scolastica: 11,5%
povertà educativa severa: 13%
In molte periferie italiane, i minori vivono in condizioni che, applicando rigidamente la Legge 184/83 e l’art. 403 c.c., giustificherebbero interventi immediati.
Ma non accade.
Il paradosso della protezione: quando la legge diventa selettiva
Le famiglie che scelgono di vivere in un bosco possono essere criticate: condizioni igieniche difficili, niente scuola, isolamento.
Ma intervenire così rapidamente contro chi compie una scelta alternativa appare paradossale quando migliaia di bambini vivono in condizioni molto più gravi per mancanza di alternative.
Qui emerge la contraddizione più inquietante:
La legge sembra più efficace nel sanzionare la “devianza filosofica” dalla norma borghese che nel risolvere il “disagio strutturale” della povertà.
Perché?
Perché è più facile dichiarare inadeguata una famiglia “diversa” che affrontare il fallimento delle politiche abitative, sociali e scolastiche che producono migliaia di bambini poveri.
Una tutela minorile che rischia di diventare una selezione sociale
Il risultato è che oggi, in Italia, esistono:
bambini visibili, che lo Stato interviene a “salvare”
bambini invisibili, che restano nei container, nei campi, nei garage, nei sottoponti
Non perché soffrano meno, ma perché la loro condizione è più scomoda da affrontare.
Perché la povertà strutturale non si risolve con un decreto: richiede investimenti, politiche, responsabilità.
La domanda finale: cosa sta davvero proteggendo lo Stato?
Alla fine, resta l’interrogativo che nessun tribunale può eludere:
Lo Stato protegge i bambini, o protegge un modello di famiglia “accettabile”?
E ancora:
Perché sottrarre i figli a chi vive nei boschi per scelta, quando non si garantisce casa, salute e istruzione a chi vive nelle baraccopoli e nei campi per necessità?
Finché non rispondiamo a queste domande, la giustizia minorile resterà un meccanismo potente, sì, ma profondamente asimmetrico, e spesso ingiusto.