La riforma della legge elettorale regionale torna al centro del dibattito politico. Il presidente Marco Marsilio (FdI), al suo secondo mandato, ha ribadito la volontà di approvare entro breve l’introduzione del collegio unico regionale, superando i quattro collegi provinciali attuali.
Secondo i sostenitori, la novità permetterebbe di superare i campanilismi: i consiglieri rappresenterebbero l’intero Abruzzo, non più solo la propria provincia. La riforma punta inoltre ad ampliare i candidati di lista da 30 a 45, introdurre la tripla preferenza di genere e riconoscere un seggio anche al candidato presidente sconfitto, purché la sua coalizione elegga almeno due consiglieri.
Le critiche però non mancano. In primis, il rischio che a trarne vantaggio siano soprattutto i candidati della costa, dove vive la maggior parte della popolazione, a scapito delle aree interne già penalizzate da spopolamento e minore densità abitativa. Altro nodo: i costi. In un collegio unico, solo chi dispone di risorse economiche consistenti potrà sostenere una campagna elettorale regionale, rischiando di accentuare squilibri e dipendenze dai poteri forti.
Marsilio respinge le accuse, ricordando che alle regionali 2024 i tre candidati più votati provenivano proprio dalle aree interne (Quaglieri, Gatti e Santangelo). Per lui, chi ha radicamento territoriale può comunque ottenere consensi anche in un sistema regionale. I critici ribattono che il collegio unico cambierebbe le dinamiche: un candidato di Pescara, con un bacino elettorale ampio e compatto, partirebbe avvantaggiato rispetto a un sindaco di un piccolo centro montano.
La partita resta aperta: la riforma richiede una doppia approvazione in Consiglio e una maggioranza qualificata, con possibili correttivi o addirittura un referendum. Nel frattempo, il confronto tra sostenitori e oppositori promette di essere uno dei temi caldi dei prossimi mesi.