La vicenda del dissesto finanziario del Comune di Chieti rappresenta uno dei misteri più indiscussi della recente storia amministrativa cittadina, un caso che merita di essere analizzato non solo per la sua gravità economica, ma soprattutto per le scelte politiche che l'hanno caratterizzata e che, inevitabilmente, hanno condizionato la vita di tutti noi cittadini – perché sì, cari concittadini, mentre noi ci preoccupavamo delle buche nelle strade, qualcuno stava scavando un buco ben più profondo nei conti comunali.
Personalmente, che il sindaco si chiami Ferrara o porti qualsiasi altro nome ha poca rilevanza; ciò che davvero conta è comprendere come sia possibile che chi amministra la cosa pubblica possa operare con così scarsa trasparenza, lasciando nell'ombra decisioni cruciali che avrebbero meritato, al contrario, la massima chiarezza e il coinvolgimento della cittadinanza.
La domanda che continua a tormentarmi, e che ancora oggi non trova una risposta soddisfacente, è semplice quanto diretta: perché la nuova Giunta, insediatasi nel 2020, ha scelto deliberatamente di procedere in solitudine, con lo spirito del "facciamo da soli che viene meglio" – spoiler: non è venuto meglio – rifiutando quegli aiuti esterni che avrebbero potuto alleggerire il peso di una situazione già compromessa?
Se davvero si contestava l'operato delle amministrazioni precedenti, se davvero non ci si sentiva responsabili del disastro ereditato, perché non chiedere immediatamente l'intervento di figure super partes che avrebbero potuto garantire maggiore oggettività e competenza nel processo di risanamento?
MA FACCIAMO UN’AZIONE RIVOLUZIONARIA: APPROFONDIAMOOOOOO
1. LA SCELTA INIZIALE: PERCHÉ NON CHIAMARE SUBITO I COMMISSARI?
Quando Diego Ferrara si insediò come sindaco nell'ottobre 2020, la situazione finanziaria del Comune era già catastrofica: un deficit accertato di circa 78 milioni di euro che, considerando i contenziosi aperti e le fatture inevase accumulate negli anni, raggiungeva la cifra monstre di 98 milioni di euro – praticamente il PIL di un piccolo stato insulare, ma in negativo.
Di fronte a questo scenario apocalittico, l'amministrazione prese una decisione che ancora oggi appare quantomeno discutibile, ovvero, invece di dichiarare immediatamente il dissesto finanziario, optò per la procedura di "predissesto", tecnicamente denominata Piano di Riequilibrio Finanziario Pluriennale (PRFP), prevista dall'articolo 243-bis del Testo Unico degli Enti Locali – perché quando hai un problema da 98 milioni, la soluzione migliore è sempre nascondersi dietro un acronimo.
Le parole dello stesso Ferrara rivelano una certa ingenuità politica che farebbe tenerezza se non fosse tragica: "Non abbiamo voluto fare il dissesto immediatamente perché ritenevamo, probabilmente ingenuamente, che ci sarebbero stati gli spazi per andare avanti, e su questo siamo stati supportati anche psicologicamente dagli organi". Ah, il supporto psicologico degli organi, esattamente quello di cui ha bisogno un comune con un buco da 98 milioni!
L'obiettivo dichiarato era mantenere il controllo politico sul processo di risanamento, evitando la nomina dell'Organo Straordinario di Liquidazione che avrebbe gestito autonomamente la massa debitoria; una scelta che, col senno di poi, si è rivelata più dannosa che utile, prolungando l'agonia finanziaria dell'ente e, di conseguenza, le sofferenze dei cittadini.
2. IL RIGETTO DELLA CORTE DEI CONTI: UNA BOCCIATURA SENZA APPELLO
Il momento della verità arrivò nell'aprile 2023, (attenzione sono già passati 2 anni e mezzo di agonie cittadine) quando la Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti in Abruzzo bocciò senza mezzi termini il Piano di Riequilibrio presentato dal Comune – una bocciatura talmente sonora che si sentì fino a Roma – rendendo di fatto inevitabile quella dichiarazione di dissesto che si era cercato di evitare e che puntualmente arrivò il 22 giugno 2023.
Le motivazioni del rigetto furono devastanti nella loro chiarezza:
● Gravi criticità nella riscossione dei tributi: i giudici contabili evidenziarono la "mancata capacità di assicurare l'incasso" delle entrate comunali da parte di Teateservizi, definendo le azioni proposte "del tutto insufficienti" per garantire il risanamento – tradotto: non solo non avevamo i soldi, ma non eravamo nemmeno capaci di andare a prenderli dove c'erano;
● Inadeguatezza strutturale del piano: le previsioni di aumento delle entrate e riduzione delle spese furono giudicate velleitarie, prive di quella credibilità necessaria per garantire il ritorno all'equilibrio finanziario – in pratica, la Corte dei Conti disse educatamente che il piano "non aveva le gambe per camminare", quando in realtà non aveva nemmeno le stampelle;
● L'entità del disavanzo: la Corte certificò definitivamente il buco di 98 milioni di euro, includendo debiti accumulati e mai sanati nel periodo 2016-2018.
3. UNA SITUAZIONE GIÀ COMPROMESSA, PERCHÉ L'OSTINAZIONE?
La Corte dei Conti non lasciò spazio a interpretazioni: le criticità erano "tante e gravissime già dal 2012" – praticamente da quando Gangnam Style spopolava su YouTube – e la situazione all'insediamento di Ferrara era già "gravemente compromessa verso il dissesto". Con un deficit di tale portata, la scelta di tentare il risanamento autonomo appare ancora più incomprensibile, quasi un azzardo politico giocato sulla pelle dei cittadini, come tentare di svuotare il Titanic con un secchiello mentre l'orchestra continua a suonare, e nel mentre viene pagata!
LE CONSEGUENZE DI UNA SCELTA SBAGLIATA
Le ripercussioni di questa strategia fallimentare sono state pesantissime sia per la macchina amministrativa che per i cittadini:
Per l'amministrazione comunale:
● Il personale è stato decimato, passando dalle 310 unità del 2016 alle sole 178 al momento del predissesto, un "pauroso sottodimensionamento" che ha paralizzato l'efficienza della macchina burocratica – già non particolarmente veloce di suo – e compromesso la capacità di gestire progetti fondamentali come quelli del PNRR;
● La pressione per il risanamento autonomo ha imposto misure draconiane, tra cui l'aumento delle aliquote tributarie e tagli selvaggi alle spese correnti;
● Il periodo di incertezza si è prolungato inutilmente, con il dissesto che è comunque arrivato, ma dopo tre anni di agonia amministrativa – un po' come decidere di non andare dal dentista per un mal di denti, sperando che passi da solo, per poi finire comunque sulla poltrona dopo tre anni di sofferenze inutili.
Per i cittadini:
● I servizi pubblici sono stati ridotti all'osso, con tempi di attesa biblici e qualità dei servizi in caduta libera – per intenderci, ottenere un certificato è diventato più difficile che vincere alla lotteria;
● Le tasse locali sono aumentate nel tentativo disperato di recuperare risorse – perché quando hai un buco da 98 milioni, la soluzione ovvia è chiedere altri soldi a chi già paga;
● L'incertezza sul futuro del Comune ha generato preoccupazione e sfiducia nelle istituzioni. In conclusione, la scelta del predissesto, motivata forse più da calcoli politici che da reale interesse pubblico, ha rappresentato un prolungamento dell'agonia che ha penalizzato doppiamente i cittadini, prima con l'austerità del tentativo di risanamento autonomo, poi con l'inevitabile arrivo dei commissari che si sarebbe potuto anticipare di tre anni, risparmiando tempo, risorse e sofferenze alla comunità teatina, ma si sa, nella politica italiana a volte è meglio prolungare l'agonia che ammettere subito di aver bisogno di aiuto – peccato che nel frattempo a pagarne le conseguenze.
Non resta che augurarsi che il supporto psicologico citato dal Sindaco sia a disposizione anche dei cittadini!
Non resta che augurarsi che il supporto psicologico citato dal Sindaco sia a disposizione anche dei cittadini!
Per questa settimana è tutto, au revoir dal vs dissestato ma sempre #LiberalChic