Questo fine settimana solo un cittadino su tre in Abruzzo ha partecipato alla consultazione referendaria sui temi del lavoro e della cittadinanza. Un dato che colloca la regione in linea con l’andamento nazionale, dove l’affluenza complessiva si è fermata al 30,6% degli aventi diritto. In Abruzzo, la partecipazione si è attestata poco sotto la media italiana, al 29,77%.
Cinque i quesiti proposti, tutti legati a temi sociali e occupazionali. Ma l’elemento più rilevante è stato il mancato raggiungimento del quorum, che ha reso il referendum abrogativo non valido. Nonostante ciò, le reazioni politiche non sono mancate.
Luciano D’Amico, coordinatore del Patto per l’Abruzzo, ha evidenziato come l’astensione non debba tranquillizzare il governo nazionale: “È un segnale da non sottovalutare, soprattutto se si confronta con l’elettorato di centrodestra alle politiche del 2022”, ha dichiarato.
Sul fronte opposto, Vincenzo D’Incecco della Lega ha criticato l’iniziativa: “Questa consultazione è stata un errore della sinistra, che ha cercato un consenso ideologico su temi complessi, scaricandone il costo sui cittadini.”
Dalla maggioranza di centrodestra, Guerino Verrecchia (FdI) ha sottolineato come la distanza tra la sinistra promotrice del referendum e la realtà del Paese sia ormai “siderale”.
Più istituzionale l’intervento del presidente del Consiglio regionale, Lorenzo Sospiri (FI), che ha definito il risultato “un chiaro segnale politico”, sottolineando come milioni di italiani abbiano espresso un malcontento che il governo dovrebbe ascoltare: “Questa è una consultazione che, pur non superando il quorum, mostra un’esigenza reale di riforma”, ha detto.
In alcuni comuni si sono registrati dati fuori dall’ordinario: Rosello, in provincia di Chieti, ha raggiunto un'affluenza record, tra le più alte a livello nazionale. Un’anomalia che ha attirato l’attenzione, ma che non sposta il quadro generale: l’Abruzzo si conferma specchio fedele del trend italiano, tra disaffezione al voto e posizioni politiche sempre più polarizzate.