Cantieri infiniti sull'A14: il caos autostradale che paralizza l'Adriatico



di Jacopo D'Andreamatteo
Categoria: ABRUZZO
20/05/2025 alle ore 14:37



L’autostrada A14, arteria fondamentale per la mobilità lungo l’asse adriatico, si è trasformata ormai da anni in un incubo quotidiano per automobilisti, autotrasportatori e residenti delle regioni interessate. Il tratto tra Bologna e Pescara, ma in particolare quello abruzzese e marchigiano, è segnato da una sequenza pressoché continua di cantieri, deviazioni, restringimenti di carreggiata e chilometri di coda. Un disastro infrastrutturale che, sotto l’apparente giustificazione della manutenzione e dell’adeguamento strutturale, sta mettendo in ginocchio intere economie locali, oltre che la pazienza dei cittadini.

Una "manutenzione" senza fine
Attualmente si contano oltre 30 cantieri attivi in circa 360 km di tratta tra Bologna e Pescara, con una media di uno ogni 12 km. Tra Roseto degli Abruzzi e Pescara Nord, nel cuore dell’Abruzzo, si lavora in simultanea su gallerie, viadotti, barriere di sicurezza e impianti tecnologici. Galleria Colle Marino, Viadotto Vomano, Galleria Pianacce, Fonte da Capo, Santa Maria e Cerrano: un elenco che sembra più un bollettino di guerra che un programma ordinato di lavori pubblici.

Secondo dati raccolti da Altroconsumo in certi tratti si viaggia su una sola corsia per oltre 17 km, mentre la corsia di emergenza è chiusa per quasi 28 km consecutivi. In altri, come nel tratto Ancona-Pescara, si registra un cantiere ogni 8,5 km. Un assedio permanente alla viabilità.

L'impatto: economico, ambientale, umano
Le ripercussioni sono pesantissime. I tempi di percorrenza raddoppiano o triplicano, con code chilometriche anche nei giorni feriali. Le imprese di autotrasporto subiscono ritardi sistematici che si riflettono sull’intera catena logistica e produttiva. Il turismo, motore estivo di intere aree costiere, rischia il collasso: chi affronterebbe ore di coda sotto il sole per raggiungere le spiagge marchigiane o abruzzesi?

Le camere di commercio locali e le associazioni di categoria hanno più volte denunciato il costo economico di questa situazione, mentre i pendolari e i residenti si trovano quotidianamente prigionieri di un’infrastruttura che sembra crollare sotto il proprio peso. L’inquinamento causato da auto e mezzi pesanti fermi in colonna è una bomba ambientale silenziosa. Gli amministratori e i decisori locali e nazionali sembrano assenti o inermi.

Tregue temporanee e promesse evanescenti
Autostrade per l’Italia ha annunciato sospensioni temporanee dei lavori in occasione di festività e grandi esodi, come quella prevista dal 15 aprile al 5 maggio 2025. Una tregua che più che soluzione suona come palliativo. I cantieri riprenderanno, come sempre, subito dopo.

Nel frattempo, i lavori di ampliamento alla quarta corsia proseguono a rilento nel tratto Ponte Rizzoli–Ravenna (27 km), mentre nessuna pianificazione coordinata appare in grado di evitare la sovrapposizione selvaggia degli interventi lungo tutta l’autostrada.

Dov’è la programmazione?
La domanda, a questo punto, è tanto semplice quanto cruciale: perché i cantieri non vengono gestiti in maniera integrata, con una pianificazione trasparente, efficace e condivisa con i territori? È possibile che in un Paese del G7 si debba assistere a decenni di manutenzione continua senza mai vedere una vera conclusione?

L’impressione, per molti, è che il sistema autostradale, pur gestendo introiti miliardari, non riesca o non voglia offrire un servizio degno di un’infrastruttura strategica nazionale. Le autorità regionali dell’Abruzzo e delle Marche hanno più volte sollecitato il governo e il concessionario a intervenire con decisione, ma gli appelli sono rimasti senza risposta concreta.


L’A14 non è solo un’autostrada: è una linea vitale per milioni di cittadini e per l’intero sistema produttivo del Centro-Sud Italia. Il suo collasso funzionale, ormai sistemico, è sintomo di una crisi più profonda: quella di un Paese che non riesce più a garantire infrastrutture moderne, sicure ed efficienti.

Serve un piano straordinario, non un’altra stagione di cantieri infiniti. E serve adesso. Perché la pazienza degli utenti ha già superato, da tempo, il limite massimo di sopportazione.

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