Fratelli d'Italia: il fermento tra Chieti e la Marsica apre le danze a una riflessione


La bocciatura di D'Ambrosio e le valutazioni su Sigismondi sono la punta di un Iceberg silenzioso ma politicamente più pesante 


di Gilgamesh
Categoria: ABRUZZO
26/07/2024 alle ore 15:03



PESCARA - Osservando attraverso la cronaca la guerra marsicana che si sta consumando dentro Fratelli d’Italia, ci si accorge che è un frammento di una partita che si gioca su più alti livelli, che portano anche alla Capitale. Sul piano locale, in Abruzzo, le realtà del partito tifano e giustificano largamente l’operato di Etel Sigismondi, il soldato Ryan dei Fratelli, il duro e puro da sempre, quello della prima ora che si fa perdonare ogni cosa proprio perché della prima ora. Lui “c’era, c’è e ci sarà”. Ma il futuro è terra straniera. 
  
Il conflitto marsicano 
E’ ormai cronaca di questi giorni che nella Marsica si starebbe consumando una guerra fratricida tra l’assessore Mario Quaglieri e il capogruppo di FdI Massimo Verrecchia, dopo che ad Avezzano nella giunta di area civica di centrosinistra è entrata Iride Cosimati, fedelissima di Quaglieri nonostante il partito meloniano sia all’opposizione. Una posizione apparentemente inspiegabile. 
Da un lato un irrequieto Quaglieri, recordman di preferenze, vicino (se non altro per territorio) al sindaco Biondi (politicamente sempre più preso dagli impegni della città anche candidata a capitale della cultura 2026 e lontano dai meccanismi di Palazzo romani), dall’altro Verrecchia con Liris e Sigismondi che reggono il fortino e lo status quo. 
Quaglieri e Biondi per intenderci sono anche quelli che hanno più voti. Ma le tessere del partito più numerose sarebbero appannaggio del duo Liris e Verrecchia (su una platea di circa 5mila tessere su L’Aquila, circa 2400 farebbero riferimento a loro) poco meno di 1400 sarebbero ascrivibili a Biondi e Quaglieri. 
Nonostante non siano previsti congressi regionali (ma provinciali si…) il tesseramento ha giustamente 
ancora ha un suo valore. Giacchè sulla carta, per chiunque, Sigismondi può dormire sonni sereni, anche perché, in un partito come Fratelli d’Italia popolato da democristiani come Quaglieri, Magnacca, D’Annuntiis e Gatti, uno duro e puro che tenga l’avamposto per conto e per nome di “Giorgia” serve come il pane. 
Per conto e per nome della Meloni, appunto, ma per qualcuno del partito in loco che mastica politica un po’ meno. 
  
Il “casus belli” chietino e la variabile dei risultati 
In questo ragionamento, c’è un ulteriore chiave di lettura che ha appesantito -e non poco - l’aria interna al partito. Ovvero i magri risultati delle ultime elezioni europee di Nicola D’Ambrosio, il candidato di bandiera di Fratelli d’Italia, politicamente teatino, come Sigismondi, su cui il partito aveva dato ordine di fare quadrato. D’Ambrosio ha ottenuto 5.625 voti a Chieti, 5.063 all’Aquila. Volano gli stracci, alcuni dicono che la colpa è di Qualglieri che ha fatto votare un candidato di Fitto, altri danno la colpa a Sigismondi perché il coordinatore regionale è lui ed è pure della provincia di Chieti. Chi viene chiamato a Roma per rispondere di questa penuria abruzzese alza le mani. Della serie: il segretario è Sigismondi. Solo alle regionali la Magnacca ha preso 9.617 preferenze, Campitelli di Castel Frentano 8.463 voti. Entrambi non hanno il Dna dei Fratelli d’Italia. Eppure hanno preso più voti del candidato di bandiera (puro e di partito) alle europee. Vuoi che la responsabilità non sia del partito locale? Chi ha fatto le liste? 
La discrasia tra il risultato elettorale delle regionali e quello delle europee risulta uno smacco pesantissimo per il candidato di bandiera che ci ha messo energie ed economie per una candidatura su scala importante, ma che si è visto surclassare nelle preferenze da due assessori regionali che non erano nemmeno Fratelli della prima ora. E che, evidentemente, non hanno messo il loro. 

Il filone romano 
Non serve una memoria storica datata per ripescare le recenti cronache del partito che a marzo scorso si accingeva ad andare al congresso con una spaccatura profonda tra l’ala di Fabio Rampelli e quella di Arianna Meloni. Alla fine Fratelli d’Italia a Roma ha trovato un candidato unitario in extremis. A marzo Rampelli ritirò il candidato alla segreteria, Massimo Milani, sostenendo che: “Va ricostruita una comunità che in questi anni è stata dilaniata, i nemici sono fuori dal nostro partito, non dentro”. A fronte del ritiro della candidatura per Milani si è proceduto alla nomina a vice presidente dell’organizzazione nazionale del partito. 
Ma è chiaro che quando i risultati si fanno magri, le correnti avverse riprendono forza. E lo scarico sta deflagrando qui in Abruzzo con le micce in terra chietina e la polveriera nella terra marsicana. Pescara, poi, meriterà una riflessione a parte. 
  
Il silenzio eloquente di Liris 
Nel clamore di casa nostra spicca un “elegante silenzio”. Quello del senatore aquilano Guido Liris che secondo molti osservatori, sembra si stia facendo apprezzare a Roma nel suo lavoro parlamentare in maniera trasversale. Liris, studia, si applica. Liris a Roma piace e in Abruzzo tace. E si sa, il silenzio, è una componente della musica come nella politica assai più fondamentale. Il silenzio è più sottile, nascosto tra le pieghe delle pagine. Come la punteggiatura, è spesso ignorato. Ma è grazie a esso che il testo acquista davvero il suo senso.