Oggi è un giorno di lutto, silenzio e rispetto per una giovane vittima barbaramente uccisa in un parco cittadino di Pescara. La notizia si diffonde tra i cittadini, accompagnata da commenti, prediche e l’immancabile “ai tempi miei queste cose non accadevano”. Queste righe non vogliono essere un soliloquio, bensì una lunga lista di dubbi emersi dalla lettura della cronaca.
Da garantista quale orgogliosamente sono, anche in circostanze come questa, non posso fare a meno di vedere oltre al ragazzo di 16 anni ucciso a coltellate, due suoi coetanei indagati per aver causato la sua morte. La condanna definitiva arriverà solo al termine dei processi. Le immagini che circolano su altre testate giornalistiche, raffiguranti ragazzi nel parco o al mare subito dopo l’omicidio, le ritengo dolorose e prive di elementi aggiuntivi rispetto al racconto dei fatti; il virgolettato contenente le dichiarazioni di testimoni e indagati rappresenta un reato – quasi sempre senza colpevoli – diffuso nel nostro Paese e difficile da sradicare.
I dubbi e gli interrogativi sorgono dai fatti già accertati o che dovrebbero essere accertati prima del processo:
La vittima, approfittando di un permesso per frequentare un corso per acconciatori, si era allontanata dalla comunità dove viveva il venerdì. Sono state attivate le procedure previste dalla legge per l’allontanamento di minori? È stata eseguita una particolare ricerca su Pescara, città già frequentata dalla stessa e utilizzata come rifugio in una precedente fuga avvenuta lo scorso novembre?
I due ragazzi indagati non hanno destato sospetti nei luoghi da loro maggiormente frequentati come la scuola e la famiglia?
Il non voler o poter comprendere il disagio e le difficoltà di un ragazzo è un errore che può ripetersi più volte anche in un breve periodo. Come per altri recenti fatti delittuosi, i dettagli più importanti e utili per prevenire reati emergeranno solo tra mesi e anni, ma nel frattempo si ripeteranno in altre latitudini, più o meno lontane da noi.
Come osservato nel report “Criminalità minorile in Italia 2010-2022” redatto dal Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia Criminale presso il Ministero dell’Interno, vi è stato “un incremento delle segnalazioni di minori per reati caratterizzati dall’uso della violenza (in particolare lesioni, rissa, rapine).” Segue poi l’analisi: “L’adolescenza potrebbe costituire già di per sé un fattore di rischio, data la criticità e la complessità del periodo della vita che ciascun ragazzo attraversa. I giovani che vivono in contesti di deprivazione socio-economica o in ambienti familiari disfunzionali potrebbero apprendere comportamenti violenti come mezzo per risolvere i conflitti.”
Nel 2022, sono stati 32.522 i minori denunciati e/o arrestati in Italia, di cui 17.032 di nazionalità straniera. Le segnalazioni di minori per omicidio volontario consumato registrano un decremento del 10% dal 2010 al 2022 (rispettivamente 30 e 27), mentre quelle per omicidio tentato aumentano del 32,31% (65 segnalazioni nel 2010, 86 nel 2022). Dal 2019 si rileva un incremento delle segnalazioni per tentato omicidio. Nel biennio 2021-2022 si registra un’analoga tendenza per le segnalazioni di minori per omicidio volontario consumato.
Sostanzialmente, è in aumento il numero di reati contro la persona. Le conseguenze penali di un reato commesso da un maggiorenne sono diverse rispetto a quando il fatto viene tentato o consumato da un minorenne. L’uso sempre più diffuso dell’istituto della giustizia riparativa (Decreto Legislativo nr. 150 del 10 ottobre 2022) ha consentito a molti di lasciarsi alle spalle un fatto anche grave e di poter proseguire il percorso di crescita e emancipazione.
Gli strumenti per invertire il trend sono da tempo ben conosciuti dagli educatori e dagli operatori della giustizia minorile, ma i risultati non si scorgono con chiarezza. L’omicidio avvenuto a Pescara deve diventare un elemento chiave per risvegliare i genitori sopiti di fronte all’intraprendenza e alle accelerazioni di una crescita adolescenziale – di ragazzi con disagi evidenti o cresciuti in famiglie apparentemente prive di problemi – incrinata anche e soprattutto da un uso smodato del web e dei social network, mondi complessi dove un soggetto fragile o non pienamente consapevole può sprofondare come nelle pericolose sabbie mobili.
L’ultima domanda è per chi mi legge: cosa non ha funzionato a scuola e nelle famiglie? Riflettiamoci tutti prima della prossima evitabile tragedia.