Ventun anni di Editto bulgaro: un'analisi per la democrazia


È il 18 aprile 2002 e Silvio Berlusconi, da Sofia, lancia un appello che mira ai tre principali personaggi della Rai di quegli anni: Michele Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi


di Niccolò Monti
Categoria: Editoriale
18/04/2023 alle ore 08:00



Sono passati ventun anni da quando Enzo BiagiMichele Santoro e Daniele Luttazzi vengono colpiti dall’appello berlusconiano passato alla storia come “editto bulgaro”. È il 18 aprile 2002, l’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi lancia un messaggio contro i tre principali personaggi della Rai di quegli anni: “L’uso che Biagi. Come si chiama quell’altro? Santoro. Ma l’altro? Luttazzi hanno fatto della televisione pubblica, pagata con i soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga”. 

Si apre con queste parole uno dei periodi più bui della storia dei media e dell’informazione del nostro Paese, tra censure, intimidazioni e controversie giudiziarie.

I fatti

Dunque Biagi, Santoro e Luttazzi fuori dalla Rai?“, domanda un giornalista. “Se cambiassero. Nulla ad personam. Ma siccome non cambieranno…”, risponde con una battuta il Cavaliere. La dichiarazione viene interpretata dall’opinione pubblica come un auspicio per l’allontanamento dei tre dal servizio pubblico

Il fatto di Biagi, Sciuscià di Santoro e Satyricon di Luttazzi vengono cancellati dai palinsesti. A Biagi e a Luttazzi non vengono confermati i contratti, mentre Santoro viene ‘solo’ allontanato dal video. Ciò si è reso possibile nonostante in tutte le cause contro i tre i giudici abbiano riconosciuto la pertinenza e la veridicità delle loro affermazioni. 

Il Fatto: il caso Biagi

In quel periodo Enzo Biagi conduce un programma di successo, Il Fatto, che nel 2001 segue la campagna elettorale dando voce a politici, giornalisti e artisti di tutti gli schieramenti. È nel corso di quella stagione che i rapporti con la Rai iniziano a incrinarsi. Sono due le interviste a fare scalpore. Quella a Indro Montanelli in cui il giornalista critica aspramente il Cavaliere, tanto che il direttore di Rai Uno, Beretta, censura due sue risposte, e quella a Roberto Benigni che, fra una battuta su Berlusconi e una sulla sinistra, ribadisce il suo voto per l’Ulivo. 

È così che Biagi finisce nel mirino del centrodestra diventando il bersaglio di una campagna di delegittimazione. Da quel momento il gioco che la Rai mette in moto è sempre lo stesso: fingere delle trattative eterne per attribuire al censurato la responsabilità dell’esito negativo. Con il 18 aprile 2002 Berlusconi spara il colpo definitivo a cui Biagi risponde durante la puntata del Fatto di quel giorno, con un editoriale straordinario, Libertà e pluralismo.

L’ultima puntata va in onda il 31 maggio. Da quel momento Biagi non potrà più mettere piede in Rai nemmeno in veste di ospite, nonostante, secondo un sondaggio di Abacus, il 78,7% degli italiani lo rivoglia sullo schermo. 

Il giornalista resta censurato fino all’autunno del 2006 quando durante la sua ultima intervista a Che tempo che fa annuncia il suo ritorno con RT – Rotocalco Televisivo aprendo così la prima puntata: “Buonasera, scusate se sono un po’ commosso e magari si vede. C’è stato qualche inconveniente tecnico e l’intervallo è durato cinque anni. C’eravamo persi di vista, c’era attorno a me la nebbia della politica e qualcuno ci soffiava dentro. Vi confesso che sono molto felice di ritrovarvi. Dall’ultima volta che ci siamo visti, sono accadute molte cose. Per fortuna, qualcuna è anche finita”.

Sciuscià: il caso Santoro

Michele Santoro, invece, dopo una parentesi di tre anni a Mediaset, torna in Rai nel 1999 con Il raggio verde. È la stagione delle elezioni politiche e dell’annunciato ritorno al potere del Cavaliere. Durante le puntate il Polo delle libertà cerca la provocazione a tutti i costi. In particolare a far discutere è la puntata sull’ultima intervista a Borsellino in cui emerge chiaramente che Mangano era un mafioso, quando parlava di “cavalli” si riferiva a partite di droga e che la procura di Palermo, nell’estate delle stragi del ’92, indagava sui rapporti tra Mangano, Berlusconi e Dell’Utri. 

Quando Berlusconi vince le elezioni inizia Sciuscià Edizione Straordinaria, che si occupa di Afghanistan e terrorismo, ma anche di giustizia. Il 7 dicembre si parla del caso Previtia cui Santoro chiede un’intervista, ma lui tenta di tutto per bloccare il programma. Tra gli ospiti c’è Marco Travaglio. Il direttore di Divisione Leone e il capo dell’ufficio legale Esposito si oppongono alla sua presenza. Solo grazie alla resistenza di Santoro, Freccero e Zaccaria l’ospitata viene garantita. 

Il 18 aprile arrivano gli ordini da Sofia, a cui Santoro risponde così: “Berlusconi è un vigliacco, abusa dei suoi poteri per attaccare persone più deboli di lui, alle quali non concede diritto di difesa”. La sera dopo, durante la puntata, Santoro entra in studio canticchiando Bella Ciao, come segno di resistenza alle intimidazioni autoritarie da parte del Presidente del Consiglio. 

Il programma chiude il 31 maggio e Santoro saluta il pubblico. Il 30 luglio, dopo mesi in cui la dirigenza ha preso tempo, il programma chiude definitivamente i battenti, mentre Saccà apre un procedimento disciplinare contro il giornalista per “uso personale e privato del mezzo televisivo” e “violazione dei doveri di diligenza e fedeltà” nonché dei “criteri di pluralismo, imparzialità, correttezza e obiettività”. 

Il 12 giugno 2004 Santoro viene eletto eurodeputato con l’Ulivo. In quel periodo, però, la sua battaglia legale con la Rai arriva a conclusione con una condanna dell’azienda, costretta a pagare un risarcimento con reintegrazione delle proprie funzioni. Così a fine marzo 2006 Santoro torna con Annozero e con lui  le aspre critiche alla trasmissione.

Satyricon: il caso Luttazzi

Il comico Daniele Luttazzi, nel frattempo, conduce su Rai Due Satyricon. Ogni settimana vengono intervistati personaggi della politica, della cultura, dello spettacolo, dello sport. Da qualche tempo è un sorvegliato speciale. Ha mangiato una finta cacca di cioccolato come risposta al consigliere Rai Contri che gliel’aveva suggerita come l’ultima cosa disgustosa che gli restava da fare. E ha intervistato Marco Pannella che ha attaccato la Chiesa per la sua posizione sulla droga, la pillola del giorno dopo e il preservativo. 

Visti i precedenti, ogni mercoledì mattina il consiglio d’amministrazione Rai convoca Freccero, direttore di Rai Due, per conoscere in anticipo la scaletta del programma. Ma il 14 marzo il direttore li rassicura, dimenticando di informarli su cos’è previsto. 

Luttazzi, infatti, ha appena comprato L’odore dei soldi. Origini e misteri delle fortune di Silvio Berlusconi di Marco Travaglio ed Elio Veltri. Nel libro, di cui non parla nessuno, è presente l’ultima intervista a Borsellino: si parla di indagini sui rapporti fra Berlusconi, Dell’Utri e il boss mafioso Mangano. Ci sono parti delle indagini su Berlusconi e Dell’Utri come possibili “mandanti a volto scoperto” delle stragi politico-mafiose del 1992. C’è una sintesi dei rapporti sui finanziamenti alle società che controllano la Fininvest. E molto altro. 

Luttazzi decide di ospitare Travaglio per parlare del libro. Il comico fa domande su quanto letto: la mafia, le stragi, lo stalliere mafioso, i soldi di dubbia origine, la nascita di Forza Italia. Nei ventisei minuti di intervista scoppia il putiferio e l’armata forzista si scaglia contro il programma minacciando azioni legali pesantissime.

L’11 aprile 2001 Luttazzi chiude l’ultima puntata di Satyricon così: “Mi sa che non ci rivedremo per un pezzo, ma è stato bello finché è durato”. Da quel momento il comico è soggetto a una campagna di delegittimazione senza precedenti: riceve minacce private anonime; la Mondadori ritarda la pubblicazione del suo libro; il suo spettacolo, nonostante il tutto esaurito, perde tutti gli sponsor e i teatri cedono al ricatto politico. 

Il 18 aprile 2002 arriva anche il “diktat bulgaro” del presidente del Consiglio anche se Luttazzi è già fuori da un anno. Ma anche il diktat subisce una censura. Il terzo componente, Luttazzi, viene sempre dimenticato dai politici e quotidiani o sostituito con Fabio Fazio. Un falso storico smentito dal video della dichiarazione ufficiale in cui nessuno ha mai nominato Fazio dalla Bulgaria.

L’Analisi

Nel 2005 Freedom House ha rivelato che: “l’Italia è tra i paesi occidentali più bassi in termini di libertà di stampa. In ballo c’è il presidente del Consiglio, che continua a coniugare il suo ruolo di capo del governo con quello di capo di Mediaset. La proprietà di Berlusconi di tre canali televisivi commerciali, così come il suo controllo indiretto sulla rete statale Rai, gli consente di controllare il 90% dei media del paese. L’Italia ha quindi uno dei mercati dei media più concentrati al mondo”. Una situazione, questa, che nel corso degli ultimi anni è andata migliorando anche se “la concentrazione della proprietà rimane una delle principali preoccupazioni, anche se sono disponibili molti punti di vista dei media”. 

Tra gli strumenti utilizzati dal potere è frequente l’uso dello strumento giuridico della querela nei confronti dell’informazione. Alla censura spesso è seguita una denuncia nei confronti dell’attore o del giornalista di turno. Ad esempio, a Luttazzi vengono chiesti venti miliardi da Berlusconi, cinque da Mediaset, cinque da Fininvest e undici da Forza Italia: quattro cause e un totale di quarantuno miliardi per ventisei minuti di Satyricon.

Si tratta di uno strumento utile a mettere una ‘mordacchia’ all’informazione e ai giornalisti che, spesso, per paura di dover far fronte a spese legali e a cause miliardarie, preferiscono tacere. Questo fenomeno si è intensificato negli anni, coinvolgendo tutti gli schieramenti. La censura, accompagnata dal rischio di procedimenti penali, non rappresenta altro che uno strumento con cui vengono colpiti alcuni per educare tutti, portando a quel fenomeno di autocensura che a partire dal 2008 è diventato sempre più preponderante nel nostro Paese.

A questo si aggiunge la tendenza a trasformare il censore in vittima e il censurato in carnefice. Per i politici e i giornalisti è il censurato che “la censura se la va a cercare per farsi pubblicità”. Per non parlare delle diverse accuse volte a infamare i censurati, così da distogliere l’attenzione dalla censura e dagli argomenti che l’hanno provocata, e legittimare la chiusura dei programmi. Come quella nei confronti di Luttazzi, relativa alle presunte “sodomie” messe in scena in un suo spettacolo nei confronti di Aldo Moro, o l’accusa di antisemitismo rivolta alla Guzzanti durante RaiOt.

A questi metodi nel caso degli attori comici si concatena la tendenza a trattare la “satira” come un’arte che deve solo divertire senza far pensare. Per molti il problema non è la politica che agisce in maniera censoria ma gli attori satirici che intendono esercitare il loro diritto di parola trattando il tema della politica. In realtà, secondo il premio Nobel Dario Fo, non è così: “la satira deve parlare della politica. Tutto il teatro che conta, da Shakespeare a Morlowe, è pieno di queste situazioni che trattano di politica”

Tutto questo, infatti, non si verifica in altri paesi europei in cui ogni giorno ci sono programmi che fanno satira contro il potere senza tali ripercussioni. Secondo l’attore satirico francese Bruno Gaccio quando una democrazia ha paura della satira vuol dire che ha problemi, che è malata. Perché come ha dichiarato la stessa Guzzanti in un suo spettacolo: “o c’è democrazia o c’è censura”.