I referendum bocciano la politica antisintetica



di Michele Raiola
Categoria: ITALIA
13/06/2022 alle ore 15:24



Con una affluenza del 20.9% (Teramo al 15.23%) si chiudono le votazioni per i referendum sulla giustizia.

Un messaggio forte dei cittadini alla classe partitica, a un sistema che si professa liberale, ma che ormai propone una politica che appare sterile, non elaborata, non studiata, che non ricerca una sintesi delle visioni e che, "populisticamente", mette in mano ai cittadini un lavoro e dei ragionamenti che spettano ai rappresentanti del popolo nelle sedi parlamentari, in maniera sicuramente non così semplicistica.

È stata l'ennesima volta in cui la sacralità della politica e la sovranità popolare vengono minate, questa volta dall'utilizzo di uno dei più sacri esercizi della democrazia, che viene prostrato al servizio di giochi politici.

Ma veniamo ai dettagli dei dati.
A livello nazionale chi è andato a votare si divide al 67.48% per il "sì" e al 32.52% per il "no" (a Teramo il "sì" al 60.05% e il "no" al 39.95%), risultati che, rapportati alla percentuale di voto, equivalgono al 14.10% della popolazione per il "sì" (a Teramo il 9.15%) e un "no" che rimane deficitario se si pensa a come un gran numero di chi non era d'accordo sia rimasto inespresso, per scelta, in una importante fetta degli astenuti.

Un altro dato molto particolare riguarda i risultati dei primi due quesiti referendari.

L'abrogazione della legge Severino, la quale regola l'incandidabilità, la decadenza e la sospensione dei condannati per reati non colposi contro la pubblica amministrazione - a fronte di una media dei "sì" al 67.48%, con un picco al 76.01% del terzo quesito - è stata votata al 54% con il "sì". A prescindere dal gran numero di "no" tra gli astenuti, è un segno forte, che dimostra come neanche tutti coloro a favore di questi referendum si trovassero d'accordo, non solo con il permettere a chi eventualmente abbia compiuto qualche reato (come la corruzione) di rimanere negli organi amministrativi, ma anche di abrogare una legge che norma la scelta del giudice, la quale sarebbe rimasta a sua discrezione come negli ordinamenti giuridici del Commonwealth.

Dall'altra parte anche il secondo quesito - inerente l'abrogazione della custodia cautelare per il rischio di reiterazione dei reati considerati di non particolare gravità perché non compiuti con armi, strumenti di violenza o in contesto di associazioni mafiose, ma tra i quali rientrano quelli legati alla violenza di genere, lo stalking e i delitti ambientali - è stato votato solo per il 57.38% con il "sì".

Il settore della giustizia necessita di un rinnovamento, ma le leggi richiedono un predefinito iter e il referendum ha una sua ratio, la quale va ricercata in un bisogno e una necessità popolari. "È indetto referendum popolare [...] quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.". Così recita l'articolo 75 della Costituzione Italiana, sottintendendo che debbano essere i cittadini (elettori) a richiederne l'utilizzo o i Consigli regionali, non nove Consigli regionali perché i cittadini non firmano per le volontà dei partiti, i quali, non riuscendo a lavorare ad una sintesi in parlamento, "mettono in mezzo" il popolo di modo che faccia il lavoro di coloro che sono stati eletti per questo.

Il popolo ha quindi rigettato questo utilizzo del referendum, sia per una questione di ruolo, dato che non siamo tutti parlamentari con una squadra di tecnici a supporto, sia perché il tentativo di utilizzo della sovranità popolare questa volta è risultato fortemente improprio e basato su generalismi che non danno spazio alla democrazia, bensì le tarpano le ali.