Nietzsche spiega la futilità dell'intelletto



di Antonio di Loreto
Categoria: PERCHE' NO?
26/02/2022 alle ore 17:35



Nietzsche nel suo “Su verità e menzogna in senso extramorale” elabora una riflessione sulla verità e la menzogna. Aprendo una digressione sulla futilità dell’intelletto nel mondo.

Nietzsche vede nell'intelletto una forma di sapere limitata, alla durata della vita umana.

Umile pedina in mano alla natura, l’unica essenza eterna fautrice delle disgrazie altrui. Pensiero condiviso anche da Giacomo Leopardi, ritenuto il maggior poeta ottocentesco in

Italia.

LA POETICA DI LEOPARDI

La poetica, insieme di principi e obiettivi, rappresenta il modo di scrivere che il poeta recanatese ha enunciato nei suoi elaborati. Lui esprime le sue posizioni filosofiche in merito alla concezione dell’uomo e alla società fruendo delle proprie intuizioni empiriche.

Leopardi, nel suo percorso di vita infelice, ha attribuito la causa dei suoi mali alla natura, che in gioventù l’ha illuso di un futuro prospero. Si ricorda la traslazione dal pessimo storico a quello cosmico con “Il dialogo fra l’islandese e la natura” esprimendo il suo dissenso nel ruolo benevolo della madre natura. Analizzando nel pieno il ruolo di matrigna in “A Silvia”, l’opera più famosa dei Grandi idilli, dove manifesta il suo rancore verso di essa con tali versi:

[...] O natura, o natura,

Perché non rendi poi

Quel che prometti allor? perché di tanto Inganni i figli tuoi? [...]

Pensiero ripreso da più autori promotori della stessa idea poetica, tra cui Nietzsche che esprime un parere concordante nel “Su verità e menzogna in senso extramorale”.

CRITICA ALL’INTELLETTO

L'intelletto forma di sapere limitata, basata sulla caducità della vita umana, occupa all'interno del mondo un ruolo futile, manipolato dalla natura.

La madre generatrice, l'unica essenza eterna, illude l'essere, creando dei sogni e dei desideri per l'uomo che lo distraggono dal bene superiore. Ingannandolo tramite la superbia e la vanità, rendendo futile la sua vita terrena e conseguenzialmente l'intelletto, frutto del principium individuationis, carattere apollineo dell'uomo. Il mondano così facendo, si preclude la possibilità di tramandare con l'ausilio di epigoni il suo "intelletto" distinto da desideri fuorvianti e beni materiali. Nel "Su verità e menzogna in senso extra morale" di F.

Nietzsche, è presente un pensiero sulle atrocità della madre terra verso l'uomo di cultura puramente mondana "La natura ha gettato via la chiave , e guai alla fatale curiosità che un giorno riesca a guardare attraverso una fessura della cella della coscienza, in fuori e in basso, e abbia allora il presentimento che l'uomo, nell'indifferenza della sua ignoranza, sta sospeso nei suoi sogni su qualcosa di spietato, avido … " illudendo in tal modo la fantasmagorica utopia in cui l'uomo dovrebbe vivere secondo la natura. In tal modo l'essere è schiavo, di un’illusione idilliaca.

Solo attraverso l'oblio l'uomo può giungere a credere di possedere una "verità" nella maniera sopra designata. Costruendo sopra di sé un tempio con dei gradi gerarchici per trovare la soluzione alla sua esistenza, nella ricerca pura della “verità" tramite la definizione di un concetto, in modo da renderlo inconfutabile. Dimenticando che tale esplicazione deriva da delle metafore primordiali, rendendo tale concetto non puro ma fantomatico nella sua esistenza, al servizio dell'uomo privo di verità solide.

Gli antichi greci, consci di una tale impotenza rispetto alla natura, hanno deciso di mascherarsi sotto forma di dei, dai quali sono nati miti e leggende.

Tali storie, protagoniste di grandi discorsi e opere elleniche sono diventate il simbolo dell'immortalità greca, non basando più la loro storia su una fragile ragnatela tessuta su metafore e concetti idillici. Non guidati più da concetti ma bensì da intuizioni.

L'uomo guidato dai concetti, non riesce a sconfiggere l'amarezza nel suo animo, fallendo nella trovare la felicità per mezzo delle sue astrazioni. Contrariamente colui che è guidato dalle intuizioni, non solo riesce a difendersi dal male, in più fa sì che dinanzi a lui si prospetti una vita serena senza scongiuri. Entrambi: concetti e intuizioni, esplicano rispettivamente l'essere razionale o meno.

I concetti frutto della razio possono essere visti come una soluzione immediata o meno. Il filosofo, in essi vede l'esperienza che va studiata per apprendere, senza porre un unico termine, definizione di molti. "Ad esempio come referente del concetto di foglia si assume l'esistenza di una foglia quale forma primigenia di cui le singole foglie reali sarebbero nient'altro che copie imperfette." Benedetta Zavatta.

L'intera filosofia platonica si basa su questo fraintendimento, porre una moltitudine di concetti servi di uno solo. A differenza le intuizioni, esplicano ciò che le sensazioni umani riescono a percepire.