Parte II. "Ma questa è un'altra storia"




Categoria: Riflessioni e Parole
20/02/2022 alle ore 20:24



Ma questa è un'altra storia. Perchè vivere in una città di provincia ha i suoi innegabili privilegi. Che non si trovano dietro l'angolo (ne è passato di tempo da quando Maurizio Costanzo rivolgeva questa domanda agli ospiti dei suoi talk show),ma, come accade spesso nella vita, bisogna anche andarseli a trovare. Innegabili privilegi che noi tutti abbiamo riscoperto proprio grazie (che c'è poi da ringraziare per quello che ha prodotto, alla recente epidemia. Privilegi trasmessi da piccole cose che soltanto chi vive in una città, magari anche sonnacchiosa, del centro sud può “gradire”. Privilegi come quello di poter godere di un panorama che, per esempio, dalla contrada di Mezzanotte, si scopre da restarci di sasso per quanto è bello, per quanta serenità trasmette. Privilegi come quello di starsene comodamente seduti, a pochi metri da uno dei due fiumi che, da tempo immemore, hanno definito la città nata fra Tordino e Vezzola, ed ascoltare il gorgoglio del fiume. E trovi serenità, come spiegarlo? Ho letto su “Spiegato” che “Secondo quanto riportato da Live Science,la risposta si trova nella maniera in cui il cervello interpreta i suoniesterni. Se alcuni rumori, come della musica Metal ad alto volume, il suono della sveglia, delle grida o delle voci stridule, difficilmente possono essere ignorati, altri tipi di rumore come il fruscio del vento tra le fronde degli alberi o il tipico cicalio estivo in campagna, non distolgono la tua attenzione. È proprio il tipo di suono, più che il volume con cui viene riprodotto, che attira l’attenzione e che mette in uno stato di vigilanza ilcervello. Al contrario un suono la cui vibrazione aumenta e diminuisce in modo armonioso, con dei regolari crescendo, non produce questo effetto. Ed ecco quindi spiegato come mai potrebbe capitarti di addormentarti molto facilmente sotto un albero in vicinanza di un fiume, o su una sdraio in spiaggia al calar del sole”. E tutta l'atmosfera assai spesso viene sottolineata dall'odore proveniente da una grigliata mista (sulla quale hanno messo a cottura lenta le golosità del porco teramano), che richiama tutti attorno ad un tavolo improvvisato. Oppure privilegi innegabili che ti penetrano dentro seguendo i voli, da un ramo ad un altro, di scoiattoli che, ai giardini, prossimi al palazzaccio, godono delle tiepide giornate. Ma questa è un'altra storia.

Innegabili privilegi che forse sono niente rispetto alla metroplitana, alla freccia rossa, dalle nostre parti ancora si aspetta un tram che si chiama desiderio, un tram che non vedendolo arrivare ti fa pensare o che è già passato oppure accusa un ritardo sulla tabella di marcia. Un servizio pubblico che spesso viene rimodulato senza dimenticare, per esempio, che nel popolare quartiere di Porta Romana un tram che si chiama dedideriro l'hanno visto passare tanti anni fa e poi non l'hanno visto più. Dirottato altrove. Innegabili privilegi anche quando, perso il tram, resti impalato alla fermata e dopo una breve attesa vedi che autombilisti di passagio, ovviamente conosciuti, rallentano, abbassano il finestrino e ti offrono un passaggio per andare dove devi andare (come non ricordare l'indimenticabile Totò “ Dunque: noi vogliamo sapere, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare? Sa, è una semplice informazione..."). Ma questa è un'altra storia.

Innegabili privilegi. Ha scritto Oscar Wilde che ““Il guardare una cosa è ben diverso dal vederla. Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza. ”Alzate gli occhi passeggiando nel centro storico della città ed avrete la possibilità di guadare giardini curati davvero in modo meticoloso, piante e fiori che emanano sensazioni che vanno al cuore. Innegabili privilegi perchè si guarda in alto. Per vedere anche un ascensore di servizio installato sulla torre campanaria del Duomo, apparecchiatura elettromeccanica per guardare la città dall'alto ma anche per controllare da vicino i lavori che stanno interessando tutto il vescovado, solo per tale imponente e costoso impegno il pastore della chiesa teramana meriterebbe di essere nominato cardinale (il titolo formale completo è cardinale di Santa Romana Chiesa, in latino: Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalis), nella Chiesa cattolica è un prelato designato dal Papa cui è immediatamente sottostante nella gerarchia cattolica, suo diretto collaboratore in accordo col codice di diritto canonico). Al contrario, invece, se si abbassa lo sguardo (abbassare lo sguardo, a volte, è più coraggioso di sfidare il nemico dritto negli occhi), sei costretto a sbattere contro la realtà del quotidiano teramano. Dove gli innegabili privilegi si trasformano in pecche, limiti, svantaggi. E' oramai trascorso più di un anno e mezzo e, così tanto per non dimenticare, ci avevano detto che la chiusura del mercato coperto, stabile che come si sa è in piazza Verdi, chiuso perchè privo di requisiti ambientali igienici e di sicurezza, sarebbe stato riaperto nel giro di quindici giorni, poi sempre attraverso una conferenza stampa (di cui i “nostri” vanno fieri gonfiando il petto), ci hanno detto che l'impianto sarebbe satto riaperto a Pasqua del 2021. Nulla di quanto annunciato. Così i venditori di verdure ogni sabato traslocano a poche centinaia di metri ed espongono i loro prodotti. Ed il mercato coperto? E' ancora al solito posto, immobile, dicono che lo stabile ogni tanto sorrida (e viene in mente “la casa dalle finstre che ridono”, un film del 1976 diretto da Pupi avati. Nel 1979 ha vinto il premio della Critica al Festival du Film Fantastiquedi Parigi ed è anche diventato un film di culto),con quel classico sorriso al limite del sospetto. Tanto prima del 2026 (forse) non potrà tornare ad essere fruibile. Insomma il bicchiere è mezzo vuoto. Invece che mezzo pieno. Ne dovremo per forza parlare. Ma questa è un'altra storia.

Perchè un momento cinematografico datato- anni 60- pare sia stato recitato proprio per avere avuto come netto riferimento il provincialismo delle nostre parti. Dunque in questo spezzone cinematografico c'è un segretario comunale che, sommesso dalle carte, si lamenta con il proprio collabrotore sottolineado quanto sia faticoso interpretare il ruolo di resposanbilità comunale, il collaboratore risponde “Segretario ma tutto il mondo è paese”. Il segretario, senza alzare lo sguardo, mette a fuoco gli occhiali da vicino e risponde: ”E' vero. Ma questo è troppo paese”. Ma questa è un'altra storia.

Gustavo Bruno