Afganistan, un fallimento lungo vent'anni. E l'errore dell'Italia




Categoria: CapoVerso (rubrica innocente)
17/08/2021 alle ore 18:59



Vent'anni. Tanto è lungo il fallimento dell'Occidente in Afganistan. Un'enormità di presunzione ed errori. Con alcune migliaia di morti di cui adesso s'evidenzia la drammatica inutilità e con miliardi di dollari e miliardi di euro buttati via senza mai incidere in quella realtà. Che, infatti, appena ne ha avuto la possibilità si è richiusa come sabbie mobili che tutto inghiottono, riportando la lancetta della Storia a quel 7 ottobre 2001 in cui G. W. Bush annunciò l'invasione.

Vent'anni certificati dalla debacle dell'intelligence Usa che, al netto di ogni moderna tecnologia, rimedia una figura di palta che neppure in Vietnam con l'evacuazione diSaigon. Perché alla fine, gli americani che si erano accordati a Doha col "diavolo" talebano, non solo sbaraccano bagatte e burattini, ma vengono pure presi a sassate (e soprattutto a scarpate com'è tradizione del posto!), da quella medesima popolazione che dissero di aver così ben allevato alla democrazia e ai valori occidentali.

Vent'anni che si condensano tutti nella faccia di tolla del segretario di Stato Usa, Tony Blinken che annuncia: "In Afghanistan missione compiuta". Perché d'altronde l'America è così: presto o tardi, dopo essere arrivata con i proclami più roboanti, saluta e se ne va. Senza dare spiegazioni. Neppure ai fedelissimi alleati Nato che, infatti, restano col cerino in mano, con qualche decina di migliaia di possibili profughi e non hanno altro da fare e da dire, com'ha subito fatto la Merkel, di avere sbagliato tutto.

Vent'anni e migliaia di miliardi gettati al vento per sostenere uno sforzo bellico e strategico inutile se, come ha avuto il coraggio di dire Biden scaricando la colpa sugli afghani, a loro di quella terra non importava un fico secco. Due decenni passati ad addestrare oltre 300mila civili inquadrati nel "nuovo" esercito di Kabul così solido e motivato da squagliarsi ancor prima di vederli apparire quegli "studenti" scesi dalle montagne. Davanti ai quali le forze armate afghane si sono mostrate così permeate di valori occidentali e così ben addestrate da non pensare neppure di opporre una minima resistenza o sparare un sol colpo. 

Vent'anni ad ingrassare e foraggiare capi tribù, finti "signori della guerra" e tagliagole conclamati, a suon di dollari  (alcune di queste personcine a modo si erano costruiti palazzi in stile Casamonica!) non potevano portare i frutti strombazzati. Anzi, in verità adesso consente alla propaganda dei Talebani di indicare proprio in quella cosiddetta classe politica, legata agli occidentali e scappata a gambe levate con le borse piene di contanti, il cancro da estirpare velocemente.

Vent'anni in cui anche l'Italia ci ha rimesso del suo. Purtroppo. A cominciare dalle 53 vittime del nostro contingente di cui adesso qualcuno si ricorda. Perché fu solo scelta politica esserci, anche se non richiesti. Scelta sbagliata e reiterata per tutti questi anni. Così, invece di dislocare i nostri soldati dove scorre la nostra Storia e i nostri autentici interessi, siamo andati a fare (bene!) quel che sappiamo dove difficilmente, per tradizioni e cultura avrebbero capito e dove, per giunta, gli altri facevano poco e male. Per restare nella polvere di Herat -è la verità- abbiamo abbandonato al loro destino, con le conseguenze che vediamo, le vette del Corno d'Africa e i deserti della Libia. Chissà se si comprenderà l'errore.