La pandemia ha prospettato inizialmente uno scenario di crollo dei prezzi per via dello stop alla domanda di beni e servizi nei periodi di lockdown, mentre dopo la ripartenza, grazie a riaperture e flusso di vaccinazioni, la preoccupazione maggiore è diventata la prospettiva di inflazione.
Sono gli Stati Uniti ad indicare la strada dello scenario per l’economia globale.
La politica monetaria americana da diversi mesi ha un ritmo implacabile di immissione di liquidità nei mercati con l’acquisto di titoli pubblici e privati per 120 miliardi di dollari al mese,
le politiche fiscali statunitensi sono altrettanto robuste con imponenti piani di investimento messi in campo dall’amministrazione Biden - ultimo il piano infrastrutturale di 1000 miliardi di dollari varato il 10 agosto (di cui la metà per trasporti, banda larga e utilities) .
Questa enorme massa di liquidità fa aumentare il valore degli asset che vengono scambiati dagli investitori alla ricerca forsennata di rendimenti: si gonfiano i listini azionari, le quotazioni delle materie prime, salgono i bitcoin, e cresce in generale il debito.
I Governi riescono a finanziare i loro deficit di bilancio e quando il debito pubblico e privato si accumulano ad un tasso superiore alla crescita del Pil aumenta la vulnerabilità dei sistemi.
I finanziamenti a buon mercato con tassi bassi tendono a scoraggiare il risparmio.
Nella ricerca dei migliori rendimenti da parte degli investitori ha luogo una maggiore volatilità, e facilmente si formano prezzi errati delle attività.
Si abbassano i rendimenti delle attività sicure e aumenta la domanda delle attività più rischiose.
Nel minare la stabilità finanziaria vi è altresì l’elevata probabilità che all’economia reale arrivi una parte minore di tutta l’ingente liquidità immessa in circolazione.
Ad un così poco confortante scenario si aggiungono i fondi passivi (come gli ETF) che replicano automaticamente alcuni indici: quando la domanda nei loro mercati sale, anch’essi aumentano e quando invece le vendite aumentano, i loro valori di riferimento scendono e amplificano la caduta.
I segnali di possibili “bolle” finanziarie pronte a scoppiare sono ovunque oggi nei mercati.
Nel caso in cui l’inflazione dovesse surriscaldarsi, la Fed sarebbe costretta ad alzare i tassi di interesse, limitando quindi gli investimenti e le prospettive di espansione dell’economia americana.
L’Unione europea dovrebbe adeguare a sua volta i propri tassi, aumentandoli, per evitare un deflusso di capitali verso investimenti statunitensi dai ritorni più redditizi.
Si bloccherebbe completamente la ripresa economica.
Potrebbero così scoppiare anche le prime bolle alimentate in questi mesi: la stessa Banca centrale americana potrebbediventare, aumentando i tassi per la salita dell’inflazione, la ragione per far scoppiare le tante bolle alimentate in questi mesi con l’immissione di liquidità.
La crisi finanziaria del 2008 aveva già mostrato che ritirare gli strumenti monetari per paura di creare bolle ha finito per danneggiare la ripresa economica.
Quando viene immessa tanta liquidità i Governatori delle banche centrali sono consapevoli che rischiano di creare una o più bolle: il punto è che devono valutare l’opportunità di adottare misure restrittive o non fare nulla, e il costo, in questo ultimo caso,potrebbe essere molto alto.
I dati dell’11 agosto sull’inflazione Usa hanno fatto però tirare un sospiro di sollievo.
L’inflazione statunitense ha riportato il dato annuale di crescita più elevato dal lontano 2008 fissandosi al +5,4% su base annuale, ma non ci sono stati particolari riscontri sul mercato del lavoro che, pur crescendo, non ha ancora recuperato del tutto le perdite di posti di lavoro create dalla pandemia.
La Fed infatti può immettere liquidità, con il rischio di creare inflazione, se, e fino a quando, la disoccupazione lo dovesse richiedere.
Quando le prospettive di occupazione si saranno consolidate in termini positivi, i tassi potranno salire.
Oggi solo la ripresa dei contagi a causa della variante Delta e una certa lentezza nella parte finale della vaccinazione di massa, fanno pensare ad una ripresa economica lievemente più contenuta, che riuscirà a tenere a bada ancora per qualche tempo inflazione e ripresa dei tassi.
A tutto vantaggio dell’economia europea, a partire da quella italiana.
L’economia globale avrà comunque bisogno di una fortissima ripresa per dare corrispondenza tra il valore degli asset,pompato dalla domanda causata dalla liquidità, ed il loro valore reale.
Diversamente rischiano di scoppiare bolle enormi, che travolgerebbero gli anelli deboli della catena.
L’Italia è avvisata.