La Storia è fatta di gesti: dal rifiuto degli azzurri a quello di Bruno Neri



di Niccolò Monti
Categoria: Riflessioni e Parole
28/06/2021 alle ore 16:15



Durante la partita tra Italia e Austria agli Europei 2021, gli azzurri, dopo una lunga riflessione, hanno deciso di non partecipare alla protesta del Black Lives Matter, il movimento impegnato nella lotta contro la discriminazione razziale, non inginocchiandosi prima del fischio di inizio. L'opinione pubblica si è così divisa tra chi continua a dar voce alla polemica nata dopo la partita con il Galles, che ha visto solo cinque azzurri partecipare all'iniziativa, e chi ha applaudito i sei rimasti in piedi ritenendo il gesto simbolico non funzionale e inappropriato. La questione, ovviamente, si è spostata sul piano politico, perché in un paese come l'Italia, dove l'idolatria regna sovrana, non potrebbe essere altrimenti. È partita così la solita diatriba tra lettiani e salviniani, perché dal 1861 neanche temi come il razzismo sono in grado di unire gli italiani. Il dibattito, invece, merita un'articolazione molto più profonda.

Il punto di vista di chi ritiene inefficace un gesto come quello proposto dal Black Lives Matter per porre fine a un problema come il razzismo, infatti, è incontrovertibile. È ovvio come l'inginocchiarsi a terra di alcuni calciatori non possa avere dei risultati immediati e miracolosi che decretino la fine di tutti i mali del mondo. Bisogna tenere in mente, però, che un atto così semplice potrebbe smuovere le coscienze di molti. Un eventuale gesto di Immobile, per esempio, forse non cambierà il pensiero di un cinquantenne ancorato ai suoi "ideali", ma potrà avere un impatto su un ragazzino di undici anni che, trascorrendo i suoi pomeriggi dietro a un pallone, sogna di diventare come lui. Questo, quindi, impedirebbe ai genitori e alla società di snaturare la sua innocenza con sovrastrutture pericolose, aiutandolo a maturare quegli ideali positivi di cui il calciatore si è fatto portavoce. Questi, infatti, sono dei veri e propri influencer e come tali sono in grado di influenzare la vita di chi li segue. Un esempio di come il gesto di un personaggio pubblico possa avere degli effetti sull'opinione pubblica risale al 1956, quando Elvis Presley decise di vaccinarsi contro la poliomielite in diretta televisiva. Una scelta apparentemente inutile che, però, portò negli Usa un'impennata sensibile nei vaccini, passando dal 75% al 90% della popolazione. 

Sicuramente un gesto non basta. La questione del razzismo è complessa e fortemente radicata nella cultura del nostro paese, e non solo. Questa va combattuta a partire dall'istruzione, con professori disposti a farsi mezzo di un'integrazione e un'accoglienza che parta dai programmi scolastici, dando spazio agli eventi recenti della nostra storia, raccontando ai ragazzi cosa sono stati l'Apartheid, l'Imperialismo, l'Alabama conservatore. È ora che la scuola ci faccia fare i conti con il passato del nostro paese, a partire dal colonialismo fascista in Etiopia, dove una propaganda razzista mossa da un esercito di esaltati e fanatici guidato dal viceré Graziani condusse alla morte migliaia di persone durante la strage di Debre Libanos

Il razzismo, dunque, si combatte anche con la storia. E la storia è fatta di piccoli gesti, come quello di Rosa Parks, donna afroamericana, che nel 1955 si rifiutò di cedere il suo posto a un passeggero bianco su un autobus a Montgomery, Alabama. Un gesto che la trasformò in poco tempo in un pilastro della lotta non violenta per i diritti civili delle persone di colore. E come quelli del Mahatma Gandhi che, tramite la dottrina della non-violenza, condusse l'India all'indipendenza, dalla marcia del sale al boicottaggio dell'industria tessile inglese tramite l'acquisto di un telaio, il charkha. Si trattava di piccoli gesti che in un modo o nell'altro, però, hanno smosso le coscienze e cambiato le società.

L'inginocchiarsi dei giocatori non è paragonabile a gesti simili per il coraggio richiesto, ma potrebbe avere degli effetti che vanno nella loro stessa direzione, anche se con modalità e portate differenti. Altri potrebbero dire che è un'ipocrisia costringere tutti a fare quel gesto perché tra di loro qualcuno lo farebbe con incoerenza rispetto alla proprio quotidianità. Questo è vero, ma ciò non significa che allora non sia utile. E questo non è un motivo lecito per non portare avanti iniziative e battaglie così importanti. Altri, invece, potrebbero dire che una competizione sportiva non può essere utilizzata per trattare determinati temi. A questa posizione si risponde con due immagini. La prima è quella di Tommie Smith e John Carlos che nel 1968, dopo essere arrivati primo e terzo nella finale dei 200 metri alle Olimpiadi, si girarono verso la bandiera americana e una volta partito l'inno nazionale abbassarono la testa e alzarono un pugno chiuso, indossando dei guanti neri. La seconda, meno nota, invece, è quella di Bruno Neri che il 13 settembre del 1931, davanti a dodicimila persone, mentre i suoi compagni omaggiavano i rappresentanti del regime fascista rivolgendo il consueto "saluto romano", lui restava impassibile rifiutandosi di compiere tale gesto e anticipando la sua futura scelta di arruolarsi nelle fila partigiane nel 1943. A prescindere da questi eventi, è importante ricordare che non c'è momento che non sia buono per la lotta per i diritti civili e sociali. Il mondo intero è la vera chiesa dove celebrare l'uomo. Non ci sono luoghi o momenti in cui questo non debba accadere. Tutti dovremmo farci strumento per queste lotte, in ogni luogo, con ogni mezzo, in ogni momento, ancora di più se si è personaggi dal forte potere mediatico.

La morale della favola, in conclusione, è che i gesti contano, soprattutto se a farli sono personaggi influenti come i calciatori della nazionale. E quindi, come questi si prestano a promuovere prodotti di consumo nelle pubblicità, condizionando il nostro atteggiamento di consumatori, è importante che si facciano anche promotori di ideali positivi influenzando il nostro modo di essere cittadini del mondo. Un discorso, questo, che assume ancora più valore per degli sportivi che hanno compreso l'originale spirito dello sport, fatto di etica, collaborazione e rispetto.