Mario Draghi non è una meteora. È ineluttabile



di l'innocente
Categoria: CapoVerso (rubrica innocente)
21/06/2021 alle ore 09:30



Probabilmente non l'hanno capito che Mario Draghi non è una meteora. Gonfiati dalla presunzione di contare davvero qualcosa e con l'occhio fisso ai sondaggi settimanali, i simpatici leader nostrani duellano e battibeccano tra loro sui più disparati argomenti, mentre il presidente del Consiglio tesse la sua tela internazionale di accordi, convergenze, alleanze e, nel silenzio più assoluto, ci accompagna finalmente verso l'uscita dal tunnel pandemico.

La sensazione è che davvero non abbiano compreso che SuperMario è a Palazzo Chigi per restarci un bel po'. Almeno fino a quando non ci tirerà fuori da quelle secche in cui oltre un decennio di politica scriteriata ci ha sbattuto. Così c'è chi conta di aprire le danze con l'avvio del semestre bianco che precede l'elezione del prossimo inquilino del Quirinale, chi crede bisogna attrezzarsi ad una guerriglia parlamentare per distinguersi e passare all'incasso delle amministrative, chi ancora ritiene necessario pazientare e attendere il voto politico del 2023. Tutti hanno una loro strategia, una idea seppur vaga sul da farsi. Ma nessuno dei protagonisti di quella che un tempo si chiamò "politica politicante" sembra guardare al di là del proprio naso.

Il centrosinistra, rinchiuso nel fortino del politicamente corretto, col rientro da Parigi di Letta e con la ingombrante presenza di Bettini gioca a limitare i danni (sperando di perpetuarsi al potere pur senza vincere mai) con battaglie pseudo identitarie di dubbia attrattiva, almeno per quello che fu il suo zoccolo duro (voto ai sedicenni, patrimoniale per elargire 10mila euro ai diciottenni, Ius Soli, legge Zan ecc), nonché a provare a succhiare quel poco che rimane dell'elettorato pentastellato. Il tutto mentre proprio quella legione di scappati di casa, tracimata dalle piazze del Vaffa direttamente nei palazzi della politica, è alla disperata ricerca d'autore e si divide tra Grillo Conte sperando di salvare la cadrega. 

Il centrodestra, settimanalmente trionfante ad ogni rilevazione, vive la competizione interna come i parenti serpenti di Monicelli, mantenendo un'unità di facciata e accoltellandosi, ove possibile, allegramente alle spalle. Salvini, spronato da Giorgetti, ha compreso che è l'ora di scartare e così, con la benedizione di Berlusconi, cerca la strada del Ppe per togliersi da dosso quella patina di impresentabilità che gli ha oggettivamente nuociuto. La signora Meloni -che invece sembra una sorta di balsamo per ogni salotto che si rispetti- ha un problemino un po' più grosso: è inesperta e senza una adeguata classe dirigente. Fatto che le pregiudica ogni possibilità di benedire gli alleati, strappare e involarsi all'incasso elettorale da sola.

Tutti, centrosinistra e centrodestra, sembrano comunque non riflettere su quello che appare come un dato, l'unico forse, oggettivo: l'ineluttabilità di Mario Draghi. Per oggi e pure per domani. Perché tra un anno e mezzo sarà difficile, se non impossibile, pure per uno come lui, aver portato a termine tutto il lavoro. Non solo i soldi del Recovery e le infrastrutture, ma soprattutto le riforme di cui l'Italia ha spasmodica urgenza. A cominciare dalla Giustizia, dal Fisco e dal Mercato del lavoro. Roba che non può certo essere lasciata in mano a dei neofiti con conoscenza limitata o nulla. Roba per Draghi, appunto!