Chissà se Giuseppe Conte l'ha capito che è davvero finita. Pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno, Mario Draghi sta smontando il giocattolo che l'ex premier venuto dal nulla aveva assemblato insieme a quella corte dei miracoli che l'assecondava, lo blandiva e lo consigliava. Dall'onnipresente Arcuri all'onnipotente Vecchione e, giù per li rami, sino ai boiardi accucciati ai piedi dell'allora trionfante "Giuseppi", è un repulisti sistematico e senza sosta quello che sta avvenendo. Come le ultimissime nomine di Ferrovie e Cassa Depositi e Prestiti stanno a testimoniare.
Certo, ci sono ancora, sparse qua e là, le sue vedove inconsolabili, ma quei lamenti, quelle invocazioni, sono sempre più flebili e inascoltati. Tutto un sistema di potere messo su alla meno peggio, pescando ovunque ci fosse disponibilità a genuflettersi, sta andando in frantumi, cancellato dalla determinazione a voltar pagina del nuovo inquilino di palazzo Chigi. Sistema che pure, dalle indagini in corso e da quel che già si apprende, sembra configurarsi come una sorta iceberg di interessi e intrecci tutto da scandagliare.
La lente di ingrandimento della magistratura contabile che sta scrutando tra ledecine di miliardi di soldi pubblici impegnati per fronteggiare la pandemia potrebbe infatti, a breve, portare a risvolti imprevisti e imprevedibili. Mascherine non a norma, siringhe d'oro, ventilatori farlocchi, per non dire dei famosissimi banchi a rotelle alle scolaresche: altroché se c'è da controllare e verificare. Come pure l'emergere di personaggi equivoci, non solo romani, più predatori che imprenditori. Per non dire dei rapporti privilegiati con la Cina che hanno fatto storcere il naso allanuova amministrazione Usa: tutto congiura contro il già barcollante futuro politico di Conte cui non è rimasta neppure la sponda di Bettini nel Pd.
La realtà racconta che sta andando letteralmente in frantumi tutta quella melensa narrazione, tutta quella panna montata sparsa a cucchiaiate dai fanfaroni del "presidente più amato", l'uomo solo al comando che lavorava e rispondeva al suo popolo (possibilmente senza domande!). Nel frattempo sono già collassate alcune delle gustose bufale veicolate dal prode Casalino ad uso e consumo delle platee di creduloni: dalla ridicolaggine, venduta come assoluta novità politica, del Conte"federatore dei progressisti" che, al contrario, riesce nell'impresa di perdere per strada pure gran parte di quei grillini che avrebbero dovuto seguirlo entusiasti, alla altrettanto strombazzata capacità di imbastire alleanze strategiche con una sinistra che, con l'arrivo di Letta, sta chiaramente provando a raschiare il fondo del barile di quello che fu il consenso pentastellato.
È chiaro che passare da ignoto azzeccagarbugli che si autopropone per ogni possibile incarico a "politico più amato dagli italiani" dev'essere stata una sensazione improvvisa e inebriante per Conte. Meglio di una vincita alla lotteria. Ma adesso, dopo aver perso tutto per purissima presunzione (sua e di chi l'ha consigliato!), dopo che da tre mesi non tocca palla, dopo aver assistito alla falcidia del suo sistema di potere, dopo aver rinculato da presunto leader di tutti a leader di sé stesso, dopo aver visto che persino Luigi Di Maio si diverte un mondo a snobbarlo e precederlo, ecco, dopo tutto questo e tutto quello che potrebbe ancora accadere, più dignitoso sarebbe salutare, ringraziare e rinunciare. Nessuno è buono per tutte le stagioni. E quella dell'avvocato di Voltura Appula sembra finita da un pezzo.