L'Italia e il piano organico delle telecomunicazioni



di Mariacristina Luciani
Categoria: Economia e riflessi
07/04/2021 alle ore 17:33



L’ingresso del Presidente di Cassa depositi e prestiti nel CdA di Tim porta a guardare con ottimismo allostorico dossier della “rete unica italiana”, il progetto che concentra in un'unica società la gran parte delle strutture di telecomunicazione, evitando duplicazioni e accelerando la realizzazione di una sola e performante rete ultraveloce in fibra ottica.

Cassa depositi e prestiti è azionista al 50% di Open Fiber, società che anni fa aveva acquisito Metroweb (l’operatore che ha cablato in fibra l’intera Milano) e che ha iniziato a diffondere in tutta Italia il sistema FTTH (fiber to the home) per raggiungere direttamente le abitazioni con la rete in fibra ottica anziché fermarsi agli armadietti stradali come ha fatto sino a poco tempo fa Tim.

Il sistema FTTC (fiber to the cabinet) adottato dalla principale compagnia telefonica italiana risulta meno performante rispetto a quello di Open Fiber: la fibra dagli armadi stradali perde la sua potenza nel raggiungere le abitazioni con il cablaggio residuale in rame.

L’operativita’ del progetto di rete unica dovrebbe partire nei prossimi mesi con la sua limitata parte in fibra(realizzata in joint venture tra Tim e Fastweb).

I soggetti che si aggiungeranno allo scacchiere FiberCop sono molteplici: oltre ad Open Fiber, con una formula di controllo societario tutta da costruire, tutte le compagnie telefoniche, da Vodafone a Windtre sono destinate ad aggregarsi alla partita nell’ottica di razionalizzare gli investimenti.

L’accelerazione del progetto si è resa necessaria in virtù del fatto che il Recovery Fund mette a disposizione 45 miliardi per la digitalizzazione:l’Italia non può e non deve perdere un’opportunità unica e preziosa per far fare al suo sistema produttivo un salto in avanti inequivocabile.

La rete in fibra rappresenta un progetto di rilevanza strategica per sostenere la ripresa del Paese: durante la pandemia le sole tecnologie digitali hanno permesso la sopravvivenza della quasi totalità dei modelli di business ed oggi rappresentano la svolta cruciale per il futuro.

La digitalizzazione ha permesso, tra le tante cose, l’implementazione dello smart working, il controllo degli impianti di produzione, la gestione di manifattura e logistica, l’operatività nella finanza, l’attività dei media, continuità operativa del settore retail.

Il concetto di rete unica attualmente comprende la rete primaria(il tratto tra gli armadi e le centrali telefoniche) e la rete secondaria (il tratto tra gli armadi e gli edifici): non dovrebbe includere le infrastrutture del 5G ne’ la struttura dei piccoli operatori fibra e wireless che hanno installato reti locali.

In Italia le zone di diffusione della fibra ottica sono identificate in 3 tipologie:

aree nere, in cui vi è la più ampia concorrenza tra operatori in virtù dell’altissima profittabilità,

aree grigie,generalmente periferie urbane e distretti industriali, in cui vi è minore vantaggio economico ad investire,

aree bianche, in cui vi è totale assenza di prospettive di ritorno degli investimenti.

L’Italia ha accumulato ritardi nella diffusione della fibra per svariate ragioni:

- ha scontato le resistenze alla trasformazione tecnologica di Sip, poi Telecom e oggi Tim, che peraltro avendo un importante indebitamento, oltre che un gran numero di dipendenti (la rete in fibra ha bisogno di minore manutenzione rispetto a quella in rame), ha sempre scoraggiato investimenti pertinenti e con uno sguardo rivolto al futuro;

- alcuni operatori avevano dichiarato interesse ad investire nelle aree grigie ma hanno poi abbandonato il progettotrasformando di fatto le aree grigie in aree bianche;

- sinora vi è stato un unico operatore (Open Fiber) che ha sviluppato reti in aree biancheutilizzando i fondi messi a disposizione dal Governo.

Infratel, la società delegata dal MISEa gestire il piano BUL per la banda ultralarga, al fine di collaborare nella creazione di una infrastruttura pubblica di telecomunicazioni coerente con gli obiettivi dell’Agenzia Digitale Europea, ha favorito, già dal 2020 l’introduzione di una serie di semplificazioni procedurali per l’installazione della fibra ottica e ha fissato gli obiettivi da raggiungere nella copertura del territorio:

  1. le aree grigie e neresono coperte attualmente per il 23% dalla fibra ottica e dal sistema misto con accesso radio – fixed wireless access che utilizza fibra ottica fino ad una stazione radio e da qui parte con un segnale senza fili per raggiungere un’antenna ricevente che lo distribuirà negli edifici: insieme definisconola tecnologia VHCN very high capacity network – ma dovranno raggiungere il 77% entro la fine del 2022,
  2. per il 2026 la connettività della tecnologia VHCN (che comprende anche il 5G) dovrà essere totale lasciando agli operatori la libertà di scegliere la tecnologia migliore, tra la FTTH ed il 5G.

Il progetto di rete unica è un disegno complessivo di collaborazione aziendale e tecnologica: dovrà garantire libertà di concorrenza a decine di competitors e parità di accesso nel settore.

La configurazione societaria si sta orientando verso un operatore verticalmente integrato(che opera cioè sia come vendita retail che come distributore all’ingrosso per altri operatori concedendo loro servizi di accesso passivi sulle varie reti) e dovrà mettere a disposizione le infrastrutture a favore di tutti gli operatori di mercato in modo disaggregato.

La regolamentazione del settore già presente dovrebbe riuscire a garantire le condizioni ottimali di concorrenza e l’Unione Europea con l’Antitrust, vigilerà sulle varie proposte societarie di integrazione che dovranno peraltro superare anche l’esame della non configurazione degli aiuti di Stato.

I tempi stringono e il male italiano del digital divide è enorme.

Allo Stato tocca intervenire in maniera proattiva non solo perché dove c’è la fibra ottica vi è maggiore crescita del Pil ma anche perché in Italia vi è un’altissima percentuale di piccole e medie imprese che hanno bisogno di sostegno indiretto: possono realizzare investimenti solo se riescono a contare su infrastrutture che diano loro la sicurezza di poter operare efficientemente nei mercati e nella gestione.

Se è vero che oggi l’Italia si colloca tra le ultime posizioni in Unione Europea nell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società DESI 2020 per velocità di banda (25ma su 28 Stati membri), è altresì vero che sono le nazioni territorialmente più piccole ad essersi dotate di fibra in tempi rapidi, in molti casi aiutate da regimi fiscali piuttosto vantaggiosi per gli investimenti.

Oggi per il nostro Paese potrebbero essere fissati investimenti vincolanti direttamente dallo Stato, in modo da accelerare in maniera irreversibile la digitalizzazione dell’economia: per approfittare del Recovery Plan è quindi benvenuta la rete unica.

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