Quale Unione Europa immagina Matteo Salvini per l'Italia? Quella che rispetta lo Stato di diritto, sancito dall'Articolo 2 del Trattato sull'Unione europea, oppure quella che lo viola, come sostiene anche il Parlamento Europeo, ormai sistematicamente, come l'Ungheria e la Polonia?
La domanda non è di poco conto. Sono in gioco interessi che costituisco i pilastri fondanti dell'Unione che mai dovrebbero essere messi in discussione. E l'Italia, quale Paese fondatore, non può permettersi di avere un atteggiamento ondivago al riguardo.
O si rispetta lo Stato di diritto o si dovrebbe stare fuori. Salvini e la Lega, quindi, stanno percorrendo una strada pericolosa che potrebbe essere foriera di danni, anche d'immagine, per il nostro Paese.
Articolo 2
L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.
Perché essere preoccupati?
In un post pubblicato oggi su Twitter, il Segretario di Stato per la Comunicazione e le Relazioni Internazionali dell'Ungheria e Portavoce Internazionale del Gabinetto del Primo Ministro, Zoltan Kovacs, ha annunciato che giovedì prossimo il Premier Orban ospiterà a Budapest un vertice a tre, tra lui, Matteo Salvini ed il Premier polacco Mateusz Morawiecki.
Oggetto dell'incontro sarà il "tema della cooperazione politica a livello dell'UE" - così si legge nel messaggio - tra FideszEP, la delegazione europea del partito di Orban, la Lega e il Pis, partito di destra conservatrice polacco, anch'esso presente nel Parlamento dell'Unione.
Come riferisce una recente nota della Reuters, Viktor Orban, dopo l'uscita dal Partito popolare europeo (PPE), sarebbe ora in trattative con diverse forze politiche conservatrici, inclusa la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, per la creazione di un nuovo gruppo di destra all’interno del Parlamento europeo.
Il primo ministro ha chiarito che l’obiettivo è la creazione di una casa politica per Fidesz e per le forze simili in Europa che sono contrarie all’immigrazione e vogliono “proteggere” i valori delle famiglie tradizionali, si legge nell'articolo.
Il partito ungherese Fidesz è uscito dal PPE dopo che il Parlamento Europeo ha approvato un nuovo regolamento che rende possibile bloccare i pagamenti dal bilancio UE agli Stati membri che non rispettano lo stato di diritto.
Proprio in una risoluzione adottata giovedì scorso, i deputati europei, riferendosi ai casi di Ungheria e Polonia, hanno, però, nuovamente ribadito che il mancato rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati, può compromettere l'integrità del bilancio UE ed hanno chiesto l’applicazione, senza indugi, del meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto sul bilancio. Se la Commissione europea non adempierà ai suoi obblighi, ai sensi del regolamento di condizionalità, che è giuridicamente vincolante, e non attuerà tutte le misure necessarie per difendere gli interessi finanziari e i valori dell'UE, il Parlamento porterà la Commissione in Tribunale, secondo dell'articolo 265 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
I deputati hanno ribadito l'importanza di applicare subito il meccanismo, anche per le potenziali implicazioni sull'imminente erogazione del fondo Next Generation EU.
Avverso questo meccanismo, Ungheria e la Polonia hanno presentato un ricorso alla Corte di giustizia europea con la motivazione della sua dubbia legalità.
Il Parlamento ha, quindi, adottato la citata risoluzione il 25 marzo scorso sostenendo che, in assenza di una sentenza della Corte che stabilisca il contrario, il meccanismo ha piena validità e la Commissione ha il dovere legale di difendere gli interessi finanziari dell'UE.
Insomma, un vero e proprio braccio di ferro.
Secondo gli europarlamentari, inoltre, tutti gli strumenti finora adottati si sono rivelati insufficienti. Durante le audizioni in corso a norma dell’articolo 7 riguardo alla Polonia e all’Ungheria, il Parlamento ha espresso il proprio rammarico sulla mancanza di un progresso significativo dei due Stati membri sul tema.
Orban, che dovrà affrontare le elezioni nazionali l’anno prossimo, ha finora negato ogni critica e si è rifiutato di cambiare rotta.
E Salvini gli va sempre più incontro.