La ripresa economica italiana è strettamente collegata all’incremento delle vaccinazioni ma anche alla situazione economica statunitense.
Ieri la Banca centrale americana ha confermato di voler tenere fermi i tassi di interesse al fine di continuare a favorire gli investimenti. Ciò nonostante sia prevista una forte ripresa del Pil che per il 2021 è stimato in crescita al 6,5% (dal 4,2 iniziale), insieme ad una stima della disoccupazione in discesa (dal 5% al 4,5% per il 2021), grazie al robusto piano fiscale da 1.900 miliardi varato recentemente dall’Amministrazione Biden, che si aggiunge ai 4.000 miliardi stanziati nel 2020 da Trump.
Ripartendo l’economia statunitense vi saranno pressioni sull’inflazione e, per contenerla, sarà necessario alzare i tassi di interesse. Alzare i tassi negli Usa indurrà aumento nei tassi di interesse di tutte le altre economie al fine di attrarre capitali in cerca di rendimento: questa scelta si tradurrà in maggiori costi di finanziamento per imprese e cittadini che rallenteranno la ripresa economica, a partire dall’Italia.
La domanda che si pone è “Quanto tempo gli Stati Uniti reggeranno il contenimento dei tassi di interesse favorendo la ripresa anche delle altre economie”? La Fed ha assicurato che resteranno ben ancorati fino a tutto il 2023, auspicando contemporaneamente che l’Europa cresca più rapidamente. Con il nuovo sistema di politica monetaria la Fed tollererà deviazioni medie dell’inflazione senza rialzare immediatamente i tassi (average inflation targeting) e considererà le pressioni sui prezzi solo transitorie. Se la trasmissione di politica monetaria resterà ben funzionante, la Fed si preoccuperà solo di condizioni disordinate che potrebbero verificarsi nel quadro finanziario.
La Banca Centrale Europea non ha ancora molte armi a disposizione per aiutare le sue economie: i tassi sono già al minimo ed il piano di sostegno ai titoli pubblici e privati è in piena esecuzione.
Tenere i tassi bassi fa peraltro correre due rischi:
Bisogna quindi favorire la ripresa italiana facendo “galoppare” la vaccinazione.
Vaccinare significa contenere gli effetti negativi dei contagi, permettere un allentamento delle misure di contenimento, dare concrete prospettive di crescita, controllare l’inflazione, permettere gli investimenti.
Continuare ad alimentare la paura senza progredire significativamente sui vaccini significa continuare a tenere fermo il motore dell’economia, e i depositi bancari esplosi in Italia dall’inizio della pandemia (specialmente quelli delle imprese ) ne sono il segno tangibile.
L’Italia dovrà anche preoccuparsi del ritorno all’applicazione delle regole del patto di stabilità e crescita, ora sospese, con l’auspicio che nel frattempo vengano modificati dall’Ue almeno nelle caratteristiche più stringenti che penalizzano essenzialmente il nostro Paese (deficit contenuto al 3%, rientro del debito eccedente il 60% del rapporto debito Pil in una frazione ogni anno).
L’Italia non ha aumentato il suo debito per finanziare nuovi investimenti ma solo per aiutare le imprese a resistere alla crisi cercando di evitare insolvenze. Insolvenze che verranno a galla non appena si sbloccheranno le procedure esecutive e fallimentari, momento in cui le banche realizzeranno quanti crediti deteriorati stanno appesantendo nuovamente il loro portafogli e, con buona probabilità, porranno condizioni ancora più stringenti sulla concessione di credito.
Il nostro Paese non può farsi trovare impreparato rispetto alla ripresa del resto del mondo, a partire dalla locomotiva statunitense: deve sviluppare la vaccinazione per entrare in una nuova normalità, diffondere fiducia nel futuro in modo da migliorare la propensione al consumo, modellare un sistema economico atto ad assorbire investimenti, rimuovere le fragilità che ci contraddistinguono da anni a partire dalla bassa produttività per finire all’incredibile divario Nord Sud.