Mario Draghi ci dovrà mettere la faccia. Necessariamente. Magari facendo quel che ha già dichiarato Jean Castex, primo ministro di Francia. E cioè farsi iniettare anche lui una dose del vaccino AstraZeneca non appena ci sarà il nuovo via libera dell’Ema. Troppo grave il danno prodotto dallo stop.
L’avessero fatto apposta non ci sarebbero riusciti così bene ad affossare nella mente dell’intera popolazione una campagna vaccinale tanto necessaria. E neppure avrebbero reso pubblica, evidente la sudditanza, non solo psicologica, con la Germania.
Con una dabbenaggine degna del Paese di Giufà in meno di 24 ore l’Agenzia italiana del farmaco cambia idea, sospende il vaccino AstraZeneca e spinge quindi al minimo storico la fiducia degli italiani nelle istituzioni sanitarie.
Dal “va tutto bene” al blocco “per precauzione” è stato un attimo. Giusto il tempo di fare propri acriticamente i dubbi dei colleghi tedeschi dimostrando così che le nostre istituzioni sanitarie sono un rifugio di incapacità e irresponsabilità e che l’Unione europea non è quella macchina perfetta di cui spesso si ciancia.
È difficile immaginare una comunicazione in negativo più efficace di quella proposta (involontariamente?) contro il vaccino AstraZeneca. Che poi si riflette adesso su tutti i vaccini, sull’intera campagna perché ad essere inoculata nella testa dei cittadini è stata una dose massiccia, improvvisa di dubbi e paure.
Ecco perché la vera prima, grossa grana del nuovo governo dovrà vedere Draghi non silente, ma protagonista attivo. Ed ecco perché fare come il suo collega francese ha già annunciato, potrebbe essere la chiave giusta per far capire e per rimettere in moto la macchina approntata con perizia dal generale Figliuolo.
Magari aggiungendone anche degli altri di vaccini al plafond disponibile. Perché è chiaro a tutti che più sono, meglio stiamo. E prima usciamo da questo incubo che sembra non avere fine.