La notizia della morte dell’onorevole Giuseppe Quieti mi ha suscitato un grande dispiacere ma anche dei numerosi ricordi, quelli raccontati da mio padre e che amava sempre riportare alla memoria, alcuni di questi mi sembrano così limpidi – per le numerose volte nelle quali li ho ascoltati – da poterli ripetere ad occhi chiusi.
Oltre ad un grande politico abbiamo perso un pioniere di quel grande sviluppo che ha avuto la città di Pescara, numerose le opere firmate anche da lui, punta di un pentapartito abruzzese tanto detestato dopo l’annus horribilis del 1992 ma tanto ri-apprezzato qualche decennio dopo, quando la sbornia manettara era svanita e non rimanevano che incompetenti al potere, incapaci di una visione politica al di là del proprio mandato elettorale e forse buoni solo a far scendere delle colate di cemento.
In questi giorni è ritornato alla mente un episodio che ha impresso in me, ancora di più, la passione politica, quella del fare il miglior bene per la propria comunità, intesa come complesso di individualità che vivono nel medesimo territorio. Un episodio di circa quindici anni fa, accaduto una delle tante volte in cui passeggiavo con mio padre; ci eravamo attardati e lo accompagnai ad un appuntamento con l’onorevole Quieti, per mio padre solo “Peppino” o “Peppì”. Ci incontrammo ad un bar in centro a Pescara ed era l’occasione per omaggiare mio padre di un libro appena pubblicato, sulla storia di Pescara. Dopo pochi minuti erano a discutere delle ultime scelte dell’amministrazione comunale, alternavano momenti di rammarico per il mancato ascolto da parte degli amministratori dell’epoca a momenti di lucido ricordo di quando Pescara era una città nel pieno di un’esplosione di cantieri pubblici necessari ed infrastrutture cruciali, per renderla il volano dell’economia abruzzese.
Ero in religioso silenzio e mi guardavo attorno scorgendo sempre di più chi seduto ai tavolini attorno al nostro o in piedi al bancone, cercavano di ascoltare, si avvicinavano, li salutavano calorosamente e si univano ai ricordi, con grande nostalgia.
Lì capii quanto si stimavano e si volevano realmente bene, decenni in schieramenti politici molto lontani non hanno mai allontanato la passione di entrambi nei confronti della Politica e della sua interpretazione più elevata, l’amministrazione della città, per il bene di tutti.
Sono episodi che rimangono impressi come avviene con la registrazione su un disco, difficilmente cancellabili.
Ricorderò così “Peppino Quieti” e li immaginerò, entrambi, ancora seduti in un tavolino di qualche bar a commentare e discutere di Politica.