A 4 mesi dall'insediamento di Trump il "vecchio" ordine mondiale è vivo, ma sofferente




Categoria: ESTERI
30/05/2017 alle ore 16:26



New York, 30 mag 11:35 - (Agenzia Nova) - Quattro mesi dopo l'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il sistema della governance globale che gli Usa hanno gradualmente edificato dopo la Seconda guerra mondiale evidenzia segnali di grave stress. Il presidente Usa, scrive "Bloomberg" in un'analisi, non ha dato seguito in maniera letterale alle posizioni espresse durante la campagna presidenziale dello scorso anno: bollare come "obsoleta" la Nato, abbandonare il trattato commerciale Nafta, prendere atto dell'annessione della Crimea da parte russa e dichiarare la Cina una manipolatore valutario; tuttavia, il viaggio compiuto dal presidente nel Medio Oriente e in Europa, la scorsa settimana, ha lasciato gli Alleati - specie quelli del Vecchio continente - più preoccupati, e non meno, in merito alle fondamentali questioni summenzionate. L'Europa "non è sicura dell'adesione degli Usa al principio di difesa collettiva della Nato; non sa dire con chiarezza quale sia la posizione dell'amministrazione Trump nei confronti della Russia; è profondamente preoccupata per la sfiducia manifestata dall'inquilino della Casa Bianca nei confronti dei trattati di libero scambio, e per l'ipotesi di un abbandono da parte degli Usa dell'accordo sul clima di Parigi del 2015". "Non ci troviamo per nulla in una buona condizione", commenta Francois Heisbourg, presidente dell'International Institute for Strategic Studies. "Sotto certi aspetti, la situazione è peggiore di quanto pensassi". Il riferimento va ovviamente alle relazioni tra gli Usa e il principale attore dell'Europa continentale, la Germania: il cancelliere Angela Merkel, "un'atlantista che era riuscita ad intendersi con il presidente Usa George W. Bush quando altri leader del Continente non ne erano stati in grado", è parsa la più scoraggiata al termine dei summit della Nato e del G7 della scorsa settimana. E' vero che per diversi alleati non europei degli Usa - Arabia Saudita ed Israele tra tutti - l'elezione di Trump si è rivelata una vittoria. A soffrire, però, sono soprattutto "le alleanze e le istituzioni che gli Usa hanno edificato con le democrazie affini". "Sul fronte della Nato, dobbiamo dedicarci a un'opera di costante limitazione dei danni. Chiaramente non c'è molto che possiamo fare assieme", afferma Heisbourg, che liquida anche la spinta di Trump a riorientare l'alleanza in funzione anti-terrorismo: "La Nato è equipaggiata a far fronte al terrorismo quanto il Vaticano". Ancor più drastico Ian Bremmer, presidente della società di consulenza Eurasia Group: a suo dire, lo scorso fine settimana è andato in scena a Taormina "il primo meeting formale del G-zero". A trarre vantaggio dal progressivo allontanamento delle sponde dell'Atlantico - avverte l'analisi - non è tanto la Russia, sola preoccupazione dei detrattori domestici del presidente Usa, ma la Cina, che ha appena ospitato a Pechino un vertice di 30 capi di Stato e governo per promuovere il mega-progetto infrastrutturale e commerciale della Nuova via della seta. Da un lato, dunque, la Cina espande la sua influenza politica ed economica, attraendo verso la sua orbita l'Europa e pure la Russia, isolata dalla prima. Dall'altro, gli Usa si richiudono sempre più nella politica del "primato americano" promosso da Trump e negli scontri intestini all'arma bianca che si consumano, anche a livello sociale, tra i sostenitori e i detrattori del presidente. Per "Bloomberg", comunque, la situazione è in evoluzione, e diversi esponenti della Casa Bianca "sono consapevoli dell'esigenza di edificare un clima di fiducia con gli alleati europei, resi scettici dalla retorica che ha portato all'elezione" del presidente Trump.

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