O tutti o nessuno è un bel dire. Anche perché spesso è difficile da fare. Persino quando dovrebbe essere la regola. Prendiamo i referendum: passata la bufera catalana, che ancora non si capisce se evolverà in commedia o tragedia, adesso se ne parlerà parecchio anche in Italia.
Almeno fino al 22 ottobre, giorno in cui Lombardia e Veneto hanno chiamato i cittadini al voto. In pratica - come non s'avesse altro da fare o a cui pensare - ci apprestiamo a veder lievitare da 5 a 7 le regioni "speciali". Il risultato è scontato: più autonomia fiscale e più soldi da spendere in loco, recitano i quesiti. Perciò, ecco il dubbio: se vale per Lombardia e Veneto, può valere per tutte le altre regioni?
Già fu un gran bel paradosso concedere speciale autonomia, nell'ambito dell'Unità nazionale, a Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige (in realtà alle due province di Trento e Bolzano), Valle d'Aosta, Sardegna e Sicilia (quest'ultima con lo Statuto addirittura nella Costituzione della Repubblica). Condizioni storiche e situazioni locali, al termine del secondo conflitto mondiale, le avevano, seppur solo in parte, giustificate.
Cosa poi ne abbiano fatto di tutta quella specialità è tutt'altra storia. Una storia che s'è mutata spesso in cronaca: cronaca di sprechi di risorse, cronaca di incapacità e anche cronaca di malversazione. Senza mai riuscire a produrre alcuna reale utilità per i cittadini: né più né meno di quanto accadeva nel resto della Nazione, dove gli italiani speciali non erano. Ecco perché il fatto ha un chè di stonato.
Perché le specialità regionali (guardate a come è stata ridotta la Sicilia!) sono state un clamoroso nonsenso e un puntuale fallimento. Si dirà: ma adesso che ci proveranno anche Lombardia e Veneto la musica cambierà. Possibile. Auspicabile per davvero. Sarebbe un bene per tutti, una maniera concreta per dimostrare finalmente che il buongoverno non è solo uno slogan.
Ma se la questione è mandare meno soldi a Roma, avere una maggiore autonomia fiscale, spendere di più e meglio le risorse in loco, perché mai le altre regioni dovrebbero rimanere silenti, inerti e a bocca asciutta? Che c'avranno di meno, che so, l'Abruzzo o le Marche oppure la Puglia? Niente.
Non hanno nulla di meno. Anzi, ognuna è portatrice di una propria specialità. Allora, o tutti o nessuno. E non è un bel dire.
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