Solo alle loro famiglie, ai loro concittadini. E a nessun altro. Non sembra fregare nulla a nessuno della sorte dei 18 pescatori sequestrati tre mesi fa dai libici di Haftar e “trattenuti” dalle parti di Bengasi.
Non sono “profughi” ne’ “migranti”, sono solo pescatori. Quindi non fanno notizia, non se ne parla. Non hanno l’attenzione delle prime pagine e nemmeno delle brevi in cronaca. Niente talk show, niente iniziative di solidarietà ne’ appelli o petizioni.
Indifferenza e silenzio avvolgono questo sequestro di esseri umani e opprimono e tormentano quelle madri e quelle famiglie che pure si sono piazzate davanti a Montecitorio e, con una dignità del tutto sconosciuta a chi ci governa, non smettono di chiederne il rilascio.
Gli equipaggi dei due pescherecci mazaresi sono sequestrati a Bengasi dallo scorso 1 settembre dopo essere stati intercettati durante una battuta di pesca. Poco distante una unità della nostra Marina militare chissà perché non è intervenuta.
L’accusa dei miliziani di Haftar è quella di aver sconfinato in acque territoriali che però, ove mai fosse vero, non potrebbero essere le loro poiché l’unico governo riconosciuto è quello guidato da al-Sarraj a Tripoli. Il tempo passa, ma quelli non li rilasciano.
Che non importi agli inutili Pentastellati di stanza tra i marmi e le opere d’arte della Farnesina, ci sta. Non c’è da aspettarsi granché da chi non riesce ad azzeccare un congiuntivo o non distingue la Libiadal Libano.
E ci sta pure che non attraversino i pensieri dell’avvocato che nessuno ha votato preso com’è dalle prossime nomine da distribuire, dai miliardi da gestire e dalle accuse di Striscia la Notizia da parare.
Così come nulla interessa nemmeno all’Unione europea visto che, interpellato, l’Alto commissarionon s’e’ preso neppure la briga di citarli nella risposta quei disgraziati pescatori. Ci sta che la politica giri le spalle al dolore e alla paura. Lo fa quasi sempre.
Ma, signori miei, che di quelle vite in ostaggio importi meno di niente pure ai tanti Saviano e ai Travaglio alle Boldrini e alle Murgia, questo sì che colpisce. Che fa riflettere.
Perché fossero stati disgraziati in arrivo sulle nostre spiagge, avrebbero già ululato all’unisono tutto il loro disgusto sacerdoti e vestali del multiculturalismo, pasdaran della democrazia e della libertà, pasionarie dei diritti umani inviolabili.
Ma stavolta no. Zitti. Trattasi “solo” di pescatori. E si capisce perciò che i 6 tunisini sequestrati coi dueindonesiani e i due senegalesi che, con gli 8 italiani, lavorano sui pescherecci di Mazara del Vallo sono meno titolari di attenzioni, meno persone indifese, meno esseri umani bisognosi di chi sbarca a Lampedusa.
Morale chiarissima: bisogna attraversare quel mare su di un barcone o un gommone per essere meritevoli di attenzione, mentre non ne hanno il diritto coloro che in quelle stesse acque lavorano per portare a casa un salario. Come per l’appunto stavano facendo i diciotto pescatori mazaresi sequestrati.