“L’azione di contrasto e di prevenzione della criminalità organizzata in Abruzzo opera in maniera efficiente”. Queste le valutazioni del procuratore Antimafia e Anticorruzione Franco Roberti, a margine del convegno 'Dialoghi sulle procure, prospettive tra autonomia e regole', organizzato oggi all’Aurum di Pescara dalla componente Area Democratica per la giustizia dell'Anministrativa. “Il resto della Regione è a rischio. Purtroppo come in tutti i territori non di criminalità organizzata endogena – spiega Roberti-, anche in Abruzzo bisogna sempre mantenere il controllo incisivo per evitare che si determinino insediamenti pericolosi di soggetti criminali provenienti da altre regioni".
“I controlli da parte della procura Distrettuale antimafia di L'Aquila hanno funzionato molto bene - continua il procuratore-, sia per quanto riguarda il controllo sugli appalti coinvolti nella ricostruzione, sia più in generale per le repressione della infiltrazioni della criminalità organizzata proveniente da altre regioni nella in Abruzzo.
Roberti passa alla disamina della recentissima disciplina entrata in vigore con il nuovo Codice antimafia, approvato dalla Camera con 259 voti a favore il 27 settembre scorso, che punta a velocizzare le misure di prevenzione patrimoniale, a rendere più trasparente la scelta degli amministratori giudiziari e a ridisegnare l’Agenzia per i beni sequestrati. "Il lungo dibattito sulla nuova normativa ha riguardato soprattutto l'estensione agli indiziati di associazione organizzata alla corruzione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, forse dimenticando che per applicare la misura di prevenzione non basta essere indiziati di questo reato, ma bisogna che ci sia sproporzione tra il reddito dichiarato e la disponibilità di beni da parte del proposto, che ci sia da parte del proposto l'impossibilità di giustificare la legittima provenienza dei beni".
"Queste - aggiunge - sono le condizioni indefettibili che naturalmente vanno vagliate molto bene: se il Parlamento riterrà di cambiare in futuro la legge avrà tutto il tempo è il modo di farlo".
Commenta infine le criticità legate alla carenza del personale legato alla giustizia: "E' un problema enorme, che compromette la funzionalità dell’attività giudiziaria in generale. Non riguarda solo i magistrati, ma anche il numero e la qualità delle cancellierie, perché si sa che i processi camminano sulla gambe dei cancellieri. Se la burocrazia non funziona – conclude- i processi ristagnano”.
Tra i presenti il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Legnini, che si sofferma sul ruolo dell'organo giudicante. “Il Paese ha bisogno di fare sempre tesoro dei nostri principi costituzionali: il giudice è soggetto soltanto alla legge e ha il dovere di applicarla. Guai se si affermasse un modello di giudice moralizzatore che persegue le finalità di moralizzare la società". "Altra cosa – afferma Legnini - è la complessità del tempo che viviamo che riserva alla giurisdizione della magistratura temi che il legislatore non ha voluto affrontare o ha affrontato e risolto in modo parziale: qui il giudice è costretto a dare risposte ricercando nell'ordinamento principi e disposizioni giuste per affrontare e risolvere quel caso. È chiaro che viviamo in una condizione paradossale: al giudice viene chiesto di rispettare i limiti imposti dalla Costituzione, ma su un giudice si riversano domande nuove che avrebbe dovuto risolvere il legislatore".
twitter@ImpaginatoTw