Letta, l'Unione europea attaccata come mai prima, ma ora si può rilanciare




Categoria: ESTERI
28/09/2017 alle ore 15:12



L'Europa è messa a dura prova da "crisi gigantesche" e da una scarsa capacità di gestione che ne mina la credibilità anche presso gli elettorati storicamente più fedeli. Ma gli indizi positivi ci sono e la situazione si può riprendere, basta muoversi con efficacia e speditezza nei prossimi mesi. È uno dei ragionamenti svolti da Enrico Letta in una lunga intervista concessa al quotidiano spagnolo "El Mundo", testata che, ricordatone il curriculum, lo identifica come la persona più adatta "ad analizzare i gravi problemi che affliggono l'Europa e a individuare il modo di risolverli". L'ex presidente del Consiglio italiano parla delle quattro "gigantesche" crisi che il Vecchio Continente ha sperimentato per la prima volta in questi anni: la "durissima" crisi dell'euro, la crisi dei rifugiati "con dimensioni che non si erano mai viste", l'inedita uscita di un paese dall'Ue e il terrorismo che ha coinvolto quasi tutta Europa. Un attacco concentrico alle fondamenta dell'Unione che ha dimostrato di non avere "la forza necessaria per rispondere", come una casa "costruita per l'estate e non per l'inverno". Ma se durante la crisi si sono sommate diverse istanze negative, ora sembrano sincronizzarsi "caratteristiche positive": c'è stata l'elezione dell'europeista Macron che battuto Le Pen portando "la Ue al centro del dibattito". Il presidente francese "ha ricevuto dai suoi elettori un mandato europeista e ha per questo una forza che no avevano i suoi predecessori". La stessa Angela Merkel, giunta al quarto e ultimo mandato, non "sarà obbligata a fare un discorso solo tedesco": potrà sviluppare una leadership europeista, e credo che lo farà", ha spiegato letta aggiungendo un terzo segno positivo: la Brexit. Il politico toscano "era contrario" all'uscita del Regno Unito ma occorre riconoscere che Londra "bloccava molte iniziative dentro la Ue, come per esempio la messa in moto di una fiscalità uguale per le imprese in tutti i paesi europei". Letta propone che i 73 seggi dell'Europarlamento lasciati liberi dal Regno Unito, e che i trattati non consentono di cancellare, siano eletti dai 400 milioni di cittadini europei "in una circoscrizione paneuropea con candidati di tutti i paesi", per avere una "fotografia precisa su cosa vogliono i cittadini europei: una Ue più sociale, più austera, più federale...". La finestra di possibile cambiamento si chiude entro nove mesi, spiega Letta, rimandando alla "fase finale della legislatura, l'imbuto della Brexit e la fase finale del mandato di Mario Draghi". Per la cui sostituzione, il nome di Jens Weidmen, presidente del Bundestag "sarebbe un disastro". Smitizzata la demonizzazione retorica dell'ascesa dei partiti populisti, le cui fortune sono il più delle volte da ricercare nei limiti dei governanti, Letta viene infine chiamato a esprimersi sul referendum catalano. Si tratta di una questione interna della Spagna nella quale non intende intervenire se non per augurarsi che vinca la legalità, fuori della quale "non esiste una via politica legittima". Ma, sollecitato sul tema, ragiona a più ampio spettro sull'istituto referendario, "strumento da maneggiare con molta cautela. Ritengo non sia la panacea della democrazia, che offra appigli che hanno l'impressione di aiutare la democrazia quando in realtà la indeboliscono".

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