Il vaccino, "Lancet" e quelle domande inevase: Lo chiediamo questo Sputnik V a Putin?


E, se no, perché?


di l'innocente
Categoria: CapoVerso (rubrica innocente)
15/09/2020 alle ore 18:25



Domande inevase. Lo chiediamo il vaccino a Putin? E, se no, perché?

Sappiamo bene che ce ne sono diversi altri in sperimentazione ed è ovvio che ci auguriamo siano efficaci e pronti il prima possibile. 

Sappiamo pure che il caravanserraglio quotidiano dell’informazione ci distrae col referendum, le regionali, la scuola che riapre senza insegnanti e banchi, la vita su Venere e quelli che vogliono mettere le mani sui soldi (tuttora virtuali!) del Recovery fund. 

Ma appunto, ciò detto, questo Sputnik V, lo richiediamo anche noi oppure no? Giuseppi Conte la farà una telefonata al presidente russo oppure noi italiani per questioni di “geopolitica” dovremo aspettare uno dei sieri “occidentali”? 

Sono domande che ci sembrano importanti. Per questo, cocciutamente, le riproponiamo. A futura memoria.

Perché certi atteggiamenti e certi silenzi ci appaiono del tutto illogici oltre che ridicoli e autolesionisti.

Per capirci, nella speranza che il ministro Speranza abbia per una volta ragione (atto di fede!) ci vorranno almeno “sei mesi” d’attesa per avere quello “europeo”. Mentre Trump dice che gli serviranno ancora alcune settimane per quello statunitense.

Ecco, mentre noi tutti s’aspetta, i russi, cominciano la produzione e cedono il loro brevetto.

È di questi giorni la notizia che Mosca sta attivando con altre 50 Nazioni le modalità di consegna del suo vaccino. Facendo anche  presente di poter produrre al momento solo una quantità limitata del farmaco.  

Tra quei Paesi non c’è l’Italia. Che pare possa solo continuare col cervellotico bollettino di vittime e contagi e magari riproporre chiusure insensate.

Vladimir Putin questo Sputnik V l’ha annunciato -mettendoci la faccia!- sin dalla metà d’agosto. Fatto che da noi ha prodotto tanta italiota ilarità. 

Sberleffi e pernacchie si sono sommati. Come se il leader della più estesa Nazione della Terra fosse un saltimbanco, quel siero una ridicola pozione e non il frutto del lavoro di un team di specialisti dell’istituto Gamaleya che, per inciso, è uno dei centri di ricerca epidemiologica più prestigiosi al mondo.

Eppure quelli sostenevano che studi clinici e test effettuati su tutti i volontari (tra cui una figlia di Putin!) avevano dimostrato uno sviluppo elevato dei livelli di anticorpi, senza nessuna complicanza.

Ma, niente. Siamo arrivati al singolare paradosso secondo cui se si tratta di produrre veleni letali i russi sarebbero formidabili mentre per i vaccini, che per inciso sono antidoti, non lo sarebbero affatto.

Fino a quando l’evidenza e l’importanza del lavoro russo ha trovato spazio tra le colonne della rivista scientifica “Lancet” . 

Le ironie sono cessate di colpo. Ma quelle domande no. Quelle restano ancora inevase. Perciò, lo chiediamo il vaccino a Putin? E se no, perché?