I numeri drammatici dell'export abruzzese: chi paga il conto (salato) dei mancati guadagni


L'analisi dell'economista Andrea Ziruolo: "Occorrono investimenti pubblici mirati, come sulle infrastrutture per stimolare il turismo"


di Silvia Grandoni
Categoria: ABRUZZO
22/09/2017 alle ore 16:48



Segno meno per l’export abruzzese, in controtendenza con il dato nazionale. La ricerca realizzata per la Cna Abruzzo da Aldo Ronci su dati Istat ha illustrato l'andamento delle esportazioni nei primi sei mesi dell'anno. I numeri non sono molto incoraggianti: se in Italia l’aumento è dell’8%, l’Abruzzo si ferma ad appena l’1,9%.

L’incremento di 80 milioni registrato tra gennaio e giugno rappresenta appena un sesto di quanto era avvenuto nel 2016, quando al contrario l'aumento era stato di ben 500 milioni.

Una caduta, come spiega lo stesso curatore dello studio, "che pone l'Abruzzo al quintultimo posto della graduatoria delle regioni italiane, mentre dodici mesi fa l'incremento era stato del 13,6 per cento”, classificandosi terzo per il miglior risultato tra le regioni italiane.

Impaginato.it lha interpellato Andrea Ziruolo, docente di Economia aziendale all’Università G. D’Annunzio Chieti Pescara.

Domanda. A cosa è imputabile questo fenomeno?

Risposta. In Abruzzo troviamo principalmente piccole imprese, non vi sono colossi, salvo qualche eccezione, che trainano l’economia regionale. Tutto ciò che viene prodotto, come ad esempio nel settore agricoltura, di fatto non genera ricchezza se non nei casi di lavorazione di produzione estensive o laddove si apra la fase di un successivo procedimento di lavorazione. A determinare maggiore reddito infatti è il valore aggiunto nei processi di trasformazione.

Esportare non è solo è una propensione mentale, ma necessita di strutture e collegamenti adeguati. Il nodo cruciale è proprio questo. Se non vi sono porti efficienti, se non vi è disponibilità di automezzi, se i centri di smistamento sono inattivi o carenti non si può pretendere di competere sul mercato. Le patate di Avezzano se la vedono con le patate cinesi. Ma se si considera che in Cina la manodopera viene pagata pochissimo, le norme igienico- sanitarie sono meno stringenti, e i costi di trasporto sono inferiori, allora come possiamo competere con le realtà concorrenti? Ecco che i nostri prodotti diventano invendibili nel resto del mondo.

D. Cosa è cambiato rispetto all’impennata dell’anno scorso?

R. Innanzitutto dobbiamo considerare che si sta uscendo da una delle più grandi crisi a livello mondiale, inoltre i primi segnali di ripresa sono stati oggetto di eccessive esaltazioni. Siamo ancora in una fase di assestamento. In Abruzzo, dove il valore del pil è fortemente condizionato dal settore dell'automotive (produzione dei mezzi di trasporto, ndr), è chiaro che le difficoltà in questo settore hanno inciso in modo significativo sui valori complessivi dell’export regionale. Condivido l’osservazione della Cna laddove afferma che mancano investimenti mirati di sostegno. Occorre quindi un intervento pubblico mirato, soprattutto da parte della Regione.

È infatti compito dell’amministrazione pubblica mettere a disposizione tutti i servizi per poter permettere alle aziende di affermarsi nel mercato e a tal fine, come già detto, occorrono strutture più competitive. Ad esempio i centri di trasporto intermodale. In Abruzzo, invece, quando si guarda nella parte strategica del documento di programmazione economico-finanziaria, raramente si ha traccia di questo tipo di attività, che deve evidenziare il tipo di investimento, il relativo importo e i risultati che si devono ottenere.

D. Cosa propone per superare l’impasse?

R. In un sistema dinamico si riallineano tutti gli obiettivi a seconda delle opportunità che si presentano in quel momento. Sappiamo tutti che le risorse pubbliche a disposizione sono esigue, quindi gli investimenti vanno indirizzati strategicamente e in modo più mirato rispetto agli obiettivi da conseguire. A tal proposito, Le decisioni vanno assunte in modo condiviso rispetto ai portatori di interesse rispetto ad una chiara vocazione del territorio.

D. In Abruzzo su quale settore bisognerebbe puntare?

R. Quando si prendono decisioni simili inevitabilmente si rischia di scontentare sempre qualcuno. Ma decidere su quale settore puntare significa preferirlo rispetto ad altri, almeno inizialmente nella speranza che sia poi da traino per tutti gli altri.

Sicuramente l’ambito che genera maggiore reddito in un territorio nel minor tempo possibile è quello dell’industria, che però richiede le condizioni affinché i nostri prodotti possano essere esportati.

D. E il turismo?

Per una ripresa immediata forse non è il settore migliore. In quanto Occorrerebbe più tempo perché gli investimenti si realizzano e si traducano in un loro ritorno.

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