Un diritto senza alcun dovere. Ecco perché il “reddito di cittadinanza” -così com’è- è sbagliato. Un errore che rischia di sfaldare definitivamente coesione e solidarietà nazionale.
Dalla gestione della pandemia alla questione “migranti”, dal dramma degli incendi dolosi a quello dei nubifragi improvvisi, i problemi si sommano. Serve aiuto.
C’è la temperatura da misurare, il distanziamento sociale da far mantenere e la mascherina da far indossare in luoghi affollati.
E c’è la distribuzione nelle settantamila scuole di ogni ordine e grado dei nuovi banchi per i ragazzi e la stessa messa in sicurezza sanitaria di quei plessi alla vigilia della riapertura.
Tante le cose da fare. Per questo proprio non si capisce perché invece di ricorrere sempre e soltanto all’esercito, alla protezione civile e al volontariato non siano anche chiamati a dare una mano quelli che percepiscono il “reddito di cittadinanza”.
Un mistero. Perché spesso serve personale generico.
Non ci vuole alcuna specializzazione per aiutare a spegnere incendi, liberare strade e valli da fango e detriti, distribuire acqua e cibo, spacchettare e posizionare banchi scolastici, spruzzare disinfettante, così come non ce ne vuole per tenere in mano un termoscanner col quale controllare la temperatura.
Eppure i tanti beneficiati del “reddito”, oltre due milioni e mezzo di persone, non vengono utilizzati.
Nessuno li chiama. Nessuno chiede (a quelli ovviamente abili!) di dare una mano, di presentarsi dove c’è necessità e urgenza.
Dovrebbero essere attivi i Puc, progetti di pubblica utilità, per 8 ore settimanali (un’ora e mezza al giorno!) secondo un decreto varato a gennaio. Ma non se ne sa nulla.
In realtà non ci sono elenchi comunali o regionali da spuntare nel momento della difficoltà o dell’emergenza
Li si lascia a casa, magari sul divano a guardare la tv, facendo passare l’idea dannosissima che sia un diritto ricevere un sostegno economico senza nulla dare in cambio.
Ne’ si ha notizia di percettori del “reddito” -pagato con le tasse di tutti gli altri!- che avvertano il dovere morale di presentarsi ove le necessità incombono.
È così che avanza e s’afferma l’aberrante logica del tutto è dovuto: dare per scontato il sussidio e credere di non avere alcun dovere verso la comunità che lo elargisce.
Peggior atto d’accusa, per l’accozzaglia di poltronari e dilettanti allo sbaraglio che ci governa, non potrà mai esserci.