Dall’apriscatole al bostick è stato un attimo. Un annetto appena. I cinquestelle gettano in discarica la metafora della scatoletta di tonno e provano ad arraffare un mastice universale che li faccia restare incollati al potere.
Con una disinvoltura degna di quella “peggiore” politica contro cui nacquero e proliferarono, sospinti dal Pifferaio magico, i grillini di governo, inamidati e perfettamente sbarbati, si producono nell’ennesima giravolta.
Archiviata la rigidità dei due mandati è infatti arrivata l’ora di benedire le alleanze. Perché uno varrà pure uno, ma senza accordi a Roma come a Torino le loro sindache non saranno più nessuno.
Da soli non si vince cinguetta perciò giulivo Giggino Di Maio dando il proprio benestare agli accordi coi piddini per le comunali dell’anno prossimo. Inutile cincischiare sulle regionali dove tempi troppo stretti e acredini territoriali consolidate non hanno consentito accordi e alleanze.
Non avendo nulla da fare in Libia o in Egitto o ovunque ci siano interessi italiani, dopo aver regalato 11 milioni ai tunisini senza portare a casa neppure un grazie, quella volpe del nostro ministro degli esteri (ignaro della profezia di Craxi!) lancia dal giornale di partito la strategia delle future alleanze, lasciando Zingaretti a vedersela in Toscana e Marche e “Giuseppi” (che suda freddo!) in Puglia.
Morto il visionario Gianroberto (che mai avrebbe avallata accordi col Pd!) e zittito il guitto parlante (a proposito: qualcuno sa nulla dell’indagine sul presunto stupro in Costa Smeralda?) la parlamentarizzazione del Movimento si completa con Di Maio che si riprende la scena, pronto persino a far votare il bis a quel medesimo Mattarella di cui chiese l’impeachment. Quando si dice che la “rivoluzione” muta in farsa. Dall’apriscatole al bostick è stato un attimo.