Ogni qualvolta cerco di convincermi del fatto che, in fin dei conti, potrebbe concepirsi uno Stato di diritto, a vocazione democratica come il nostro, in cui alla correttezza della informazione mediatica si accompagni una inequivoca autonomia dei singoli poteri che lo compongono, vengo puntualmente smentito.
In questo periodo, accanto alla costante propalazione di notizie circa la proroga dello stato di emergenza “causa CoronaVirus” sino al prossimo 15 ottobre (ciò che, in definitiva, legittimerà il Presidente del Consiglio ad emanare ulteriori Decreti, con buona pace dei principi di diritto costituzionale in tema di libertà personale e di circolazione già ampiamente bistrattati), tiene banco la polemica relativa alla concessione dell’autorizzazione a procedere deliberata dal Senato affinché la Procura della Repubblica di Palermo (alla quale il Tribunale dei Ministri trasmetterà tutti gli atti) possa determinarsi in ordine all’esercizio dell’azione penale nei confronti di Matteo Salvini, per i reati di sequestro di persona ed omissione di atti d’ufficio, ossia per aver impedito alla nave della ONG spagnola “Open Arms” di attraccare a Lampedusa nell’agosto del 2019, quando era Ministro dell’Interno.
Punto primo: il processo non è scontato che verrà celebrato. La decisione se chiedere o meno il rinvio a giudizio di Matteo Salvini spetta sempre e comunque alla Procura di Palermo.
Punto secondo: l’autorizzazione a procedere di cui si parla (e sparla) è un istituto previsto dall’art. 96 della Costituzione, da non confondere con quello disciplinato (e modificato con legge costituzionale n. 3/1993 onde evitare plateali disparità di trattamento rispetto agli altri cittadini) dall'art. 68 della stessa Carta.
L’autorizzazione a procedere prevista all’art. 96 della Costituzione, come novellato con la legge costituzionale n. 1/1989, riguarda i c.d. reati ministeriali, ovvero gli illeciti compiuti dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro, anche se cessati dalla carica, nell'esercizio delle loro funzioni.
Dunque: Salvini non è stato giudicato dal Senato colpevole (nonostante taluni interpretino maliziosamente l’autorizzazione concessa come una sentenza anticipata di condanna), ma è stato soltanto dichiarato eventualmente processabile per non avere agito, in qualità di Ministro dell’Interno, per il perseguimento di un interesse pubblico.
Punto terzo: ricordate le intercettazioni telefoniche in cui Palamara ed i suoi interlocutori pur condividendo il comportamento di Salvini, non potevano fare a meno di “dargli addosso”?
Questi magistrati autoreferenziatisi come “indifendibili” subiranno la stessa sorte dei colleghi che, a torto, condannarono il Cavaliere con sentenze contraddittorie ed illogiche?
Forse ai trionfatori del momento sfugge il piccolo particolare che non tutti i Giudici ed i Pubblici Ministeri hanno connivenze o cointeressenze politiche e quindi, da giuristi ed uomini liberi, potrebbero ritorcere contro, e con la stessa forza, un boomerang lanciato senza avere una mira accurata e lungimirante.