Un eurobluff. C'è voluto il Financial Times per svelare l'ennesima patacca che Bruxelles ci sta rifilando e zittire le trombonate euroentusiaste. Perché ovviamente in Italia nessuno se ne era accorto. Troppo intenti a festeggiare il "progetto" della Ue (progetto! ndr) di assistenza agli Stati membri, post coronavirus.
Il Recovery Fund illustrato da questa moderna Mary Poppins che risponde al nome di Ursula von der Layen è una fregatura. Anche se la "badante" della Commissione Ue ha tirato fuori dalla borsetta una zolletta di zucchero per indorare il pillolone che vorrebbe farci ingurgitare.
La promessa di soldi, tanti soldi e persino a fondo perduto. Musica per le orecchie dei beoti provvisoriamente di casa a Palazzo Chigi. Che infatti hanno gioito e brindato con il convinto sostegno dei marpioni piddini e della quasi totalità dei media. Le abbiamo lette, sentite e viste tutti le trionfali baggianate: pioveranno euro sull'Italia stremata e disperata!
Bene, non è vero niente. Non c'è e non c'era nulla di vero nel trionfalismo mediatico. Se non le grossolane bugie che ci hanno somministrato per giorni in criminale combutta con un giornalismo sputtanato e appecoronato come non mai.
Quei 172 miliardi di euro per l'Italia (80 dei quali a fondo perduto!) proprio non esistono. Sono un dannato bluff. Neanche nuovo. Il fantasmagorico Fondo, illustrato dalla Mary Poppins di Bruxelles, è solo una ipotesi su carta. Carta che combacia esattamente coi famosi "300 miliardi di investimenti" del piano di sostegno all'economia continentale predisposto e addirittura votato nel 2014 dalla precedente Commissione europea guidata dal "barcollante" Jean Claude Juncker. Non lo ricordate? Avete dubbi? Andate a controllare: miliardi annunciati, strombazzati e mai arrivati a nessuno! La sola differenza con l'eterea Ursula sta nella cifra maggiorata.
Per questo diciamo che purtroppo il Recovery Fund è l'ennesimo eurobluff. Perché per un "progetto" così impegnativo non ci sono solo procedure lunghe e complesse, ma una serie di passaggi formali.
Bisognerebbe intanto che i 27 Stati fossero d'accordo (all'unanimità!) sullo stanziamento e, perciò, sull'aumento del bilancio comunitario per oltre due punti del Pil dell'Ue; che quindi siglino l'intesa e diano mandato alla Commissione di trovare i soldi sul mercato con l'emissione di uno specifico bond garantito dagli stessi Stati membri (vi pare credibile?). E che infine decidano a quali "condizionalità" bisognerà adempiere per ottenere il fondo perduto e per poi restituire il prestito.
Il tutto non per quest'anno, ma per il prossimo. Anzi, come evidenziato da "Ft", a cominciare dal prossimo anno. Perché le cifre sarebbero spalmate sui successivi sei. Per l'Italia significherebbe meno di un punto di Pil annuo: cioè, 18 miliardi!
Praticamente, ove mai quella lunga trafila si concretizzasse (e noi dubitiamo!), ci ridarebbero -forse e a condizione- quello che già l'Italia versa all'Unione senza fiatare ogni santo anno. Così stanno le cose, non come le raccontano. Il decreto "Liquidità" è evaporato, quello "Rilancio" è sparito. Ma qui ci si trastulla con l'eurobluff.