Ebbene si, signori miei, certa magistratura farà pure schifo. Ma volete mettere certo giornalismo?
Scandalo nello scandalo di cui guarda il caso quasi nessuno si occupa, approfondisce, indaga.
Scandalo nello scandalo quei giornalisti, firme autorevoli, chiamati in causa dal Troian nello smartphone dell’onnipresente Palamara.
Che rende oggi pubblico quel che solo i gonzi non sanno. Ovvero che tante carriere giornalistiche sono state costruite non col sudore e la ricerca, ma con l’avallo e le imbeccate di alcuni magistrati. Coi loro pizzini, con l’anticipo di carte delle inchieste, con le pennette audio distribuite a go-go.
Distruggere reputazioni e vite pubbliche e private per assurgere a grande firma, a professionista stimato dell’informazione: che schifo!
Cui segue ulteriore schifo. Lo scandalo nello scandalo del loro silenzio, di quello dei loro colleghi e delle rispettive testate. Tutti e tutte pregni di grande autorevolezza, ovviamente.
Talmente “autorevoli” (soprattutto nei loro 740!) da poter permettersi adesso di tacere sulla quisquilia di essere smascherati come passacarte delle procure. Di essere cresciuti professionalmente non per la qualità del lavoro, ma per l’amicizia (intimità?) col magistrato giusto.
Meno delle dita di una mano i giornali che ne parlano, che provano a rompere l’iceberg del silenzio imbarazzato e complice. Che però, siccome è spesso come i ghiacciai del polo, si richiude subito.
Silenzio. Quasi che ad imporlo sia quella stessa deontologia professionale mandata a farsi benedire.
Un solo esempio, per capirci: due magistrati, parlando tra di loro, dicono che il tal giornalista “è legato ai servizi”.
Bene: vero o non vero, l’avessero detto di un politico o di un qualsiasi “noto e/o potente” sarebbe venuto giù il mondo. Fiato alle trombe: giorni e giorni, pagine su pagine, di retroscena e inchieste e denunce e riprovazione non ce li avrebbe risparmiati nessuno. Con quelli e le loro famiglie sbattuti in pagina e inseguiti, interrogati, braccati e condannati senza processo dall’indignazione da tastiera.
E invece, niente. In questo caso pare non importi a nessuno, sembra non avere significato alcuno quella “notizia” telefonica tra due importanti esponenti della casta togata che danno la patente di “spione” all’autorevole firma.
A conferma che certa magistratura farà pure schifo, ma che certo giornalismo è addirittura peggio.