Tra dieci anni la xylella potrebbe giungere anche in Abruzzo. Per questo servono, già oggi, delle valide contromisure da parte dell'amministrazione regionale per impedire alla malattia di mietere gli stessi danni che hanno dovuto patire i coltivatori salentini.
Secondo Giovanni Martelli, professore emerito di Patologia delle piante presso la facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Bari, la malattia che sta falcidiando gli ulivi salentini si diffonde alla velocità di 30 chilometri all'anno verso nord. Per cui sono in allarme le regioni che a settentrione con la Puglia confinano, Abruzzo e Molise in primis.
Un allarme che la politica sembra evere sottovalutato al momento, forse perché presa da “altre” esigenze come l'imminente campagna elettorale per le prossime politiche. Ma i bisogni dei territori vengono prima di liste e candidature, anche perché sono segnalati casi sulle Alpi Marittime.
L'analisi giunge nel giorno nel mega corteo di 500 trattori che ha sfilato a Lecce sotto l'egida del Comitato Olivicoltori Salentini, per chiedere al Governo e alla Regione Puglia di cambiare marcia sulla xylella fastidiosa, che fino ad oggi ha prodotto dieci milioni di piante infette e un miliardo di danni nella sola Puglia.
Le piante abruzzesi, notoriamente care a D'Annunzio, già lo scorso anno hanno dovuto convivere con gli effetti devastanti della mosca olearia, che si è sommata al maltempo e alle gelate dello scorso inverno: per cui non sono infatti state risparmiate nemmeno le zone interne. Ma se da un lato le aziende maggiori sono riuscite quantomeno a difendersi dalla mosca anticipandone gli effetti, quelle di mionore cabotaggio poco hanno potuto fare e, tra l'altro, hanno dovuto anticipare la raccolta (con le conseguenze, qualitative e quantitative, del caso).
Due le misure ipotizzabili già oggi: in primis sostenere Confindustria, in concerto con altre Associazioni agricole e con l'Università, nel predisporre un fondo straordinario di intervento per supportare gli olivicoltori; e in secondo luogo interpellare tecnici e coltivatori per pianificare i rischi di un possibile “tsunami olivicolo”.
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