Mandiamo i nostri giovani nelle campagne. Invogliamoli a lavorare. Mancano braccia per l’agricoltura. L’allarme lanciato in queste ore da tutti i produttori dice chiaro e tondo che a rischio c’è l’intera filiera ortofrutticola tricolore.
Un disastro del tutto evitabile, pur nella situazione di distanziamento sociale cui siamo costretti. Un disastro che non ci possiamo permettere.
Perciò, mandiamoci i giovani, quelli dai 18 ai 30 anni. Che si tratti di laureati in attesa, neodiplomati, cassintegrati o nullafacenti, poco importa. Tutti possono e dovrebbero rendersi utili. Chi finalmente, chi nuovamente.
Mandiamoli in campagna i nostri ragazzi. Aiutiamoli così a crescere mentalmente e a migliorarsi dando loro l’opportunità -più unica che rara- di sporcarsi le mani con la nuda terra. Mani abituatissime a chattare e digitare, ma che poco o nulla sanno del lavoro nei campi: un’esperienza che si rivelerebbe formativa per loro e utilissima all’Italia intera.
C’è bisogno di manodopera nelle nostre valli e nelle nostre campagne. C’è il rischio concreto che interi raccolti si perdano, marciscano per mancanza di braccia che operino la raccolta.
Coldiretti ha già lanciato l’allarme: servono non meno di 250/300mila addetti. Ecco, uno Stato che si rispetti, moderno e attento, non dovrebbe averne di dubbi. Dovrebbe cogliere questa emergenza mutandola in una opportunità educativa per le giovani generazioni.
Altro che regolarizzare -e perciò sfruttare- l’immigrazione clandestina col sostegno dei coriferi della Chiesa di Bergoglio, tanto imbelli e votati al suicidio spirituale quanto manichei e farisei.
La crisi e il bisogno già colpiscono milioni di famiglie italiane, perché mai non offrir loro anche questa opportunità? La ministra Bellanova, invece di gonfiarsi di demagogia e retorica terzomondista, forse farebbe meglio a rifletterci su.
Uno Stato che si rispetti -soprattutto in momenti come questo- deve distribuire speranza e visione del futuro.
Quindi invogliare, facilitare, incentivare i ragazzi, chiusi in casa da mesi di forzata inattività, a sciamare nelle nostre campagne: dal Trentino al Lazio, dall’Abruzzo alla Sicilia.
Ovunque la nostra agricoltura di qualità abbia necessità di manodopera è li che dovrebbero essere indirizzati. Un lavoro faticoso, certo. Ma gratificante e, soprattutto, giustamente retribuito. Dare una mano all’Italia dando una mano a se stessi: miglior viatico per una vera ripartenza non esiste.