L'ESPERIMENTO


Meno male che c'è Netflix


di Garpez
Categoria: La versione di Garpez
28/03/2020 alle ore 10:45



Già perché escludendo improbabili azzardi culinari, che viceversa osservo andare per la maggiore tra gli “ergastolani del coronavirus” (con tanto di foto “gran gourmet” postate in bella mostra su Facebook), in questo periodo di reclusione forzata, oltre alla indispensabile compagnia di una buona lettura, almeno cerco di rinfrancare lo spirito attraverso la visione di film che, da tempo, mi ero ripromesso di guardare.

In particolare mi ha coinvolto “The Experiment - Cercasi cavie umane”, basato sugli eventi pertinenti l'esperimento carcerario di Stanford, condotto nel 1971 dallo psicologo statunitense Philip Zimbardo, nel quale per due settimane dei volontari dovevanoimpersonare guardie e detenuti in una finta prigione.

Coloro i quali venivano selezionati per impersonare dodici detenuti avrebbero dovuto rinunciare a gran parte della loro privacy e dei loro diritti civili. I volontari che dovevanoimpersonare otto guardie avrebbero, invece, avuto il compito di assicurare il rispetto delle regole e mantenere l'ordine.

Non vi racconto oltre per non rovinarvi il gusto della visione. Ma posso anticiparvi che la cattività forzata farà saltare tutti gli schemi, dando luogo ad una “escalation” di violenza e disordini mentali. 

Senza volere azzardare paragoni impropri, registro – ai tempi del Coronavirus – un incremento (se non giustificato, assolutamente comprensibile) di disturbi comportamentali e l’aggravarsi di devianze della personalità che non mi lasciano tranquillo. 

La pressoché totale limitazione delle nostre libertà più elementari, che forse (ed erroneamente) prima davamo per scontate, sta destabilizzando l’umore di un numero sempre maggiore di cittadini, senza contare come il sostanziale stallo di ogni attività produttiva crea una innegabile incertezza sul futuro a breve-medio termine. 

Inoltre (direi di conseguenza) numerosi rapporti interpersonali che, prima di questa situazione di emergenza, si fondavano, a torto o a ragione, su taciti patti di non belligeranza tra i partners, adesso sentono scricchiolare le assi del loro fragile equilibrio senza poter contare su alcun aiuto di Stato. 

Personalmente ho sempre ritenuto che il concetto di “Welfare State", o Stato del benessere, comprendesse il complesso di politiche pubbliche dirette a migliorare le condizioni di vita dei cittadini. 

Soprattutto quelle psicologiche, visti i tempi che corrono.

Non sarà che al Governo stia sfuggendo qualcosa che, tra qualche tempo, rischia di tramutarsi in una ulteriore ed incontrollata forma di pandemia sociale?

Di ulteriore disgregazione e violenza proprio non abbiamo bisogno.