Un’abruzzese si aggiudica il Premio Campiello, uno dei più noti riconoscimenti letterari a livello nazionale. Se lo aggiudica con il risultato schiacciante di 133 voti su 282. Con il romanzo “L'Arminuta” (Einaudi) Donatella Di Pietrantonio fa il pieno di voti incassando 133 preferenze su 282.
L’autrice durante la premiazione ha dedicato la vittoria alla sua terra d’origine Penna Sant’Andrea, in provincia di Teramo, colpita nell’ultimo anno dagli eventi del sisma e dal maltempo.
Profondamente legata all’Abruzzo, la Di Pietrantonio sceglie di ambientare i suoi romanzi al luogo delle sue radici: così nelle precedenti opere, “Mia madre è un fiume” e “Bella Mia”, e in quella de “L'Arminuta” dove la protagonista si muove ino scenario facilmente riconducibile a Pescara e a uno dei tanti paesi dell'entroterra abruzzese.
Il racconto che le ha schiuso le porte verso la conquista del premio, narra la storia di una bambina affidata a dei lontani parenti dei genitori naturali che viene inusualmente “restituita” e torna al paese d'origine. Un'usanza diffusa nelle famiglie numerose e poco agiate, infatti era quella dare i figli in affido a parenti che non ne avevano di propri. La protagonista, una ragazzina in piena fase adolescenziale, si confronta quindi con un ritorno inaspettato in una famiglia che non riconosce come la sua, in un mondo completamente nuovo per lingua, abitudini e comportamenti, perdendo il contatto con la dimensione genitoriale e, ancor più materna. Emerge però l'aspetto fraterno nel potentissimo personaggio letterario della sorella minore, che le fornisce gli strumenti affettivi necessari e la forza per non soccombere alla condizione di sradicamento alla quale la protagonista è costretta ad abituarsi.
Nello stile narrativo dell'autrice c'è tutta la naturale gentilezza della terra che racconta. C'è nella descrizione degli ambienti un tratto autentico in grado di oltrepassare il semplice scritto e ricreare nella mente del lettore lo scenario con i colori, gli odori e gli ambienti vivi di un Abruzzo quanto mai reale e ancora storicamente vicino, considerando i pochi decenni che ci separano dal vivere raccontato ne “L'Arminuta”.
L'importanza di un premio come il Campiello è fondamentale per la vita culturale della regione troppe volte tacciata di un isolato provincialismo. Lo è ancora di più se si considera che il titolo dell'opera è in dialetto, quasi a voler sdoganare quel senso di vergogna che assale quanti, ancor oggi, trovano difficoltà nell'identificazione di appartenenza a questo territorio.
Un bel segnale per una terra a lungo ai margini dalla vita culturale del paese e negli ultimi anni martoriata da tante tragiche vicende che rischiano di offuscarne ulteriormente l’appeal.