Renzi e il bipolarismo che verrà: lui contro Salvini. E basta


È la sfida della scomposizione e ricomposizione della politica nazionale


di l'innocente
Categoria: CapoVerso (rubrica innocente)
17/09/2019 alle ore 14:13



Agguantare le nomine, strutturarsi e proporsi quindi come l’unico frontman dei liberal e mondialisti, contro il truce sovranista e populista. 

È una scommessa semplice seppur tutta personale quella di Matteo Renzi: lui contro Matteo Salvini. E basta.

È il disegno di chi prova ad immaginare un bipolarismo del terzo millennio, diverso e dissimile da quelli precedenti. Bipolarismo non più tra le categorie novecentesche, datate e obsolete come oramai sembrano destra e sinistra, ma tra quella che vorrebbe essere l’illuminata visone della nuova élite legata a doppio filo allo strapotere economico e finanziario e il richiamo alle identità, alle radici con l’avvento dei moderni tribuni del popolo.

Gestori delle diversità contro difensori delle specificità.

È ovviamente la scommessa di un leader politico che non vuol saperne di farsi da parte. Di chi crede di poter esserci ancora, e sempre da protagonista, nonostante le micidiali scoppole rimediate e un appeal attualmente residuale.

È la sfida della scomposizione e ricomposizione della politica nazionale. Renzi sta giocando tutte le sue fiches sulla futura implosione del Pd, che diventerebbe sinistra-sinistra, e sulla contestuale aggregazione di un campo che ricomprenda anche la galassia centrista e ciò che rimane di quella berlusconiana, con una connotazione chiaramente moderata e borghese che possa essere attraente per chi è oggi nauseato e distante dalla politica. Per fare questo Renzi sapeva di aver bisogno di una struttura autonoma e di una solida base di potere reale. Ecco perché ha deciso adesso di scartare, dopo aver sfruttato l’azzardo obbligato di Salvini e fatto nascere con le sue capriole dialettiche il governo con gli odiati M5S. Perché ora può agguantare potere.

Mette in campo i suoi gruppi, pur lasciando altri (Lotti & c) a presidiare Zingaretti, s’accinge a diffondere un po’ di fuffa programmatica con la prossima Leopolda dopodiché, siccome detiene la “golden share” del Conte-2, si siederà al tavolo delle nomine e chiederà banco.

Deciderà cioè sulle caselle delle società partecipate di prossima scadenza, una abbuffata davvero imperdibile: le radici più solide di ogni potere, come insegnavano Fanfani, Andreotti, Forlani, Gava e compagnia bella quando ancora Matteuccio Renzi era solo un vispo boy-scout.

 

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