Mentre le due anime del governo gialloverde continuano a bisticciare praticamente su tutto, il leader degli industriali lombardi lancia un’accusa piena di rabbia ("un anno perso"), elencando per filo e per segno tutti i fallimenti dell'esecutivo.
Dal pil al fisco, dall'occupazione al digitale: ecco l'abc della crisi economica italiana. Estate (ma non solo) in affanno per la nostra industria: dopo la stagnazione stimata nel secondo trimestre, il Pil risulta in frenata anche nei mesi più caldi tanto che «per l’intero 2019 difficilmente si potrà andare oltre una crescita dello 0,1% sul 2018».
Così infatti ha spiegato il centro studi di Confindustria nella sua indagine rapida sulla produzione industriale. «La dinamica dell’attività nella media degli ultimi due mesi rimane fiacca. La domanda interna non mostra segnali di rilancio, specie nella componente investimenti, mentre quella estera risente di un contesto internazionale in rallentamento, soprattutto in Europa. In particolare preoccupa l’andamento dell’economia tedesca, atteso in ulteriore indebolimento nei mesi estivi». Italia dunque a quota zero crescita o 0,1: è questo quello che ci dobbiamo attendere per il 2019.
L’ultimo bollettino della Banca d’Italia stima anche per il secondo trimestre una crescita praticamente in stagnazione. E vale quindi poco evocare che anche la Germania è in frenata (comunque sia allo 0,5%), perché questo è un altro fattore che può incidere negativamente su di noi. Da sottolineare per dare un indicatore dello stallo della produzione e dell’export, che nel secondo trimestre 2019 l’indice Ucimu (Unione costruttori italiani macchine utensili) degli ordini di macchine utensili ha segnato un calo del 31,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente con un deciso arretramento nella raccolta di ordinativi sia sul mercato interno (-43%) sia sul mercato estero (-28,5%).
Da più osservatori il decreto crescita e quello sblocca-cantieri vengono considerati inefficaci rispetto agli obiettivi indicati dal governo. Inoltre secondo gli ultimi dati Istat, l’Italia è scesa sotto la soglia di disoccupazione del 10%, al 9,9. Ma c'è da considerare che si resta ben al di sopra della media della Ue a 28 Paesi, che si ferma al 6,3%. A stare peggio di noi con livelli di disoccupazione sopra il livello indicato, sono solo Spagna e Grecia.
Ma in entrambi i paesi il ritmo di riduzione della disoccupazione è più veloce che da noi. Ma il caso italiano presenta anche altre fragilità: la cassa integrazione straordinaria nei primi sei mesi del 2019 è tornata a salire del 41,88%, specie nell’industria e nell’edilizia, con 139mila lavoratori a zero ore. E non basta: se si aggiunge all’andamento Cigs il dato di maggio relativo alle richieste di Naspi (Nuova assicurazione sociale per l’impiego), si vede che sono a quota 104.800, cioè +1,3% sull’anno. Senza contare il calo delle ore lavorate pro capite nell’ultimo decennio e il boom del part-time involontario cresciuto dal 15 al 20% per cento negli ultimi anni. Disoccupazione giovanile poi proprio al top, con un ragazzo su due che non lavora (tasso di disoccupazione record del 51,9%), e Pil pro capite in picchiata, con un tracollo del 10% negli ultimi dieci anni: sono i due dati che hanno spinto Confindustria e Confcommercio a lanciare un grido di dolore sullo stato di crisi profonda del sud.
A indicarlo sono i ricercatori del Check-up Mezzogiorno di luglio 2019. I disoccupati totali sono circa un milione e 500mila, molti di più sono gli inattivi. Il tasso di attività si ferma al 54% e quello di occupazione al 43,4%, con gli occupati tornati sotto la soglia dei 6 milioni nel primo trimestre dell’anno. Infine rispetto ai 300 mila residenti in meno in Italia, nei soli ultimi tre anni 2015-18, oltre 222 mila sono venuti meno al sud. Ha in sostanza smesso di crescere il numero delle imprese: dopo molti trimestri di aumento nei primi mesi del 2019 le imprese attive risultano meno di un milione e 700mila, come un anno fa.
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