Pochi giorni fa Alessandra Locatelli, leghista da sempre considerata molto vicina a Salvini, ha preso il posto al ministero della Famiglia e delle Disabilità di Lorenzo Fontana, che invece è traslocato agli Affari Europei scalzando Alberto Bagnai all’ultima curva.
La Locatelli, nata a Como dove è vicesindaco, era stata il candidato consigliere più votato per il Carroccio alle ultime elezioni ottenendo al primo turno 366 voti. Oltre al ruolo di vicesindaco è stata nominata assessore alle politiche sociali e di sostegno alla famiglia, politiche abitative, solidarietà, piani di zona, lavoro, impresa sociale, reti sociali e decoro sociale. Per la neo ministra, che rilancia la proposta di un assegno unico per i figli fino a 26 anni dopo l’ennesimo crollo delle nascite da poco certificato dall’Istat, si preannuncia un compito particolarmente impegnativo. Infatti il tema della famiglia è da mesi anch'esso al centro delle scaramucce tra i gialloverdi: ad aprile M5S e Lega erano riusciti ad approvare insieme una mozione alla camera che impegnava il governo proprio a istituire un assegno unico per rafforzare il sostegno alle famiglie con figli e combattere la denatalità.
Di lì in poi si sono però registrate solo divisioni, ed è arrivato il disappunto del Forum delle associazioni familiari che ha chiesto invece unità e un tavolo fin da ora, per arrivare a una proposta seria da portare nella prossima legge di bilancio. “Le famiglie sono stanche di assistere a litigi sulla loro pelle, in un clima da campagna elettorale permanente”, ha commentato il presidente del forum Gigi De Palo, dopo che i due partiti di governo si sono accusati reciprocamente di idiozia e incoerenza da un lato, e di scarsa credibilità e concretezza dall’altro. Il forum peraltro da mesi propone un assegno “universale”, da 150 euro al mese, che accompagni i nuovi nati fino alla maggiore età, o fino a 26 anni se studiano regolarmente.
La ministra Locatelli deve insomma ripartire da qui: si può arrivare ad ipotizzare un beneficio tra i 100 e i 300 euro sempre fino a 26 anni, insistendo nel chiedere che le risorse spese per la famiglia siano considerati a Bruxelles come investimenti da scomputare dai calcoli del deficit, anche per non complicare ulteriormente il percorso della prossima manovra. Il ministero in oggetto già a maggio aveva predisposto una proposta, nelle stesse ore in cui Luigi Di Maio metteva sul tavolo un decreto legge per creare un fondo per la famiglia, finalizzato sempre a istituire un assegno unico per i figli, che superi l’attuale frammentazione degli aiuti.
Il decreto si è arenato quasi subito, per mancanza di risorse, visto che faceva leva sui risparmi che già si intravedevano del reddito di cittadinanza poi finiti a migliorare i conti per evitare la procedura di infrazione Ue. L’idea leghista sostanzialmente è di iniziare mettendo ordine nei vari bonus e detrazioni, che valgono circa 18 miliardi, da concentrare su un aiuto al ceto medio, visto che si potrebbe partire con l’assegno per le famiglie fino a 50mila euro di Isee, cioè il famoso ceto medio cui indirizzare eventualmente anche la flat tax. Si cancellerebbe così la giungla di benefici che va dalle detrazioni per i figli a carico, comprese quelle per scuole dell’infanzia e sport (per circa 11 miliardi) ai bonus nascita o quello per l’asilo nido (altri 6-700 milioni) fino agli assegni familiari (circa 6 miliardi).
Ma per fare la differenza rispetto ai benefici attuali servirebbero almeno altri 9-10 miliardi, stando a una proposta di legge delega messa a punto dal Pd, che già aveva lavorato sul tema alla fine della scorsa legislatura. La proposta ha iniziato due settimane fa il suo iter in commissione affari sociali alla camera pur senza confronti con il Mef, cui pure l'ex ministro Fontana ha chiesto di iniziare a fare i conti, ma senza accordo nella maggioranza, è difficile che si possa concretizzare.
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