La Versione di Garpez: prima il dovere


Ciò che c'è da sapere (davvero) sulla Sea-Watch 3 e Carola Rackete


di Garpez
Categoria: La versione di Garpez
04/07/2019 alle ore 09:47



Da due settimane a queste parte i telegiornali, i quotidiani, i social e, più in generale, ogni mezzo di comunicazione sono occupati (direi invasi) dalla notizia dell'arresto del capitano (mi perdonerete se ometto la concordanza di genere, ma “capitana” mi suona brutto) della Sea-Watch 3, Carola Rackete.

In merito alla vicenda è stato, infatti, scritto tutto ed il contrario di tutto e dunque non ho dubbi che siate abbondantemente informati, ed avrete maturato le vostre idee e considerazioni. Più o meno come tutti coloro che passano dalla beatificazione della marinaia teutonica, alla sua più becera denigrazione, passando attraverso posizioni più caute ed attendiste.

Perciò vi segnalo solo che lo scorso 2 luglio, il Giudice per le Indagini Preliminari di Agrigento non ha convalidato l'arresto della comandante della Sea Watch, escludendo il reato di resistenza e violenza a nave da guerra il reato di resistenza a nave da guerra (previsto dall'art. 1100 del codice della navigazione, in quanto la motovedetta della Finanza speronata dall'imbarcazione della O.N.G. non sarebbe una nave da guerra) e ritenendo che il reato di resistenza a pubblico ufficiale sia stato giustificato da una “scriminante” legata all'avere agito “nell'adempimento di un dovere”, quello di salvare vite umane in mare, sottolineando anche che la scelta del porto di Lampedusa non sia stata strumentale, ma obbligatoria perché i porti della Libia e della Tunisia non sono stati ritenuti porti sicuri.
Intendiamoci: il processo vero e proprio dev'essere ancora celebrato, e la decisione del G.I.P interviene esclusivamente in merito alla richiesta di convalida dell'arresto.
Non mi interessa commentare le decisioni dei magistrati (che, giuste o sbagliate che siano, vanno rispettate ed, eventualmente, impugnate), quanto piuttosto farvi notare come il “cuore” dell’ordinanza del G.I.P.  ruoti attorno all'idea che la Rackete abbia agito in adempimento di un dovere. Quello di salvare le vite umane di coloro che erano a bordo della Sea-Watch 3.
Il nostro codice penale, all'art. 51, stabilisce che “l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità”.
Nel caso del capitano della Sea-Watch 3, il dovere imposto da una norma giuridica deriva da un insieme di disposizioni sovranazionali, che l'Italia ha l'obbligo di applicare. Sto parlando, in particolare, della Convenzione sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, (SAR- International Convention on Maritime Search and Rescue, Amburgo, 1979), secondo cui il comandante di una imbarcazione ha un preciso dovere di soccorso e assistenza delle persone in mare ed il dovere di sbarcare i naufraghi in un luogo sicuro.
Se poi la Rackete trasportasse davvero naufraghi in pericolo di vita, questo lo sapremo solo al termine del processo. 
Stay tuned!