Ore 15.00 presso il ministero dello sviluppo economico: l'appuntamento è di quelli decisivi, perché "il tempo dei rinvii è finito", come hanno avvertito i sindacati, che dal ministro Luigi Di Maio si aspettano oggi, sul tavolo della vertenza Alitalia, impegni precisi e risposte chiare sul progetto industriale e sugli interlocutori interessati all’acquisizione della compagnia.
“Finora non abbiamo visto nessun piano industriale e qualunque sia la compagine azionaria vogliamo prima di tutto parlare di rilancio dell’azienda e di riposizionamento sul mercato", spiega Fabrizio Cuscito, segretario nazionale Filt Cgil. “Siamo indubbiamente preoccupati e respingiamo qualsiasi indiscrezione riguardo a eventuali esuberi, tagli alle retribuzioni e 'spezzatino aziendale' e come ci ha promesso il governo e il ministro Di Maio ci aspettiamo un piano di rilancio e non solo un salvataggio”, insiste il dirigente sindacale.
In campo c'è la cordata guidata dalle Ferrovie dello Stato, l'unico soggetto che ha presentato un'offerta di acquisto per Alitalia ai commissari della compagnia (il 31 ottobre 2018) che ha poi coinvolto la società Delta Airlines. Ma per completare il salvataggio servono altri partner. Le alternative possibili allo stato attuale sembrano tre: Atlantia, la holding dei Benetton, con la quale però il governo è in rotta di collisione per la vicenda Autostrade; Lotito, il patron della Lazio che si è fatto avanti con una manifestazione di interesse non vincolante; e il gruppo di Riccardo Toto, figlio di Carlo, imprenditore pescarese che nel 1995 ha dato via alla compagnia aerea AirOne. Se il piano di salvataggio fallisse (c'è tempo fino al 15 luglio per completare la cordata) ci sarebbe la proposta di Lufthansa, che potrebbe acquisire poco più di metà della compagnia.
E proprio sulla questione Autostrade il vicepremier Di Maio sembra giocare tutta la partita sulla revoca tout court delle concessioni autostradali come vendetta per il crollo del Ponte Morandi: «Siamo pronti a individuare una soluzione, a patto che Autostrade paghi e si faccia giustizia verso le vittime», ha dichiarato aggiungendo che «chi investe in Italia deve sapere che è il benvenuto, che supportiamo il business, ma nel massimo rispetto degli interessi nazionali».
Inoltre nel pomeriggio di ieri il capo politico dei Cinque Stelle ancora schiumante rabbia nei confronti della famiglia di Ponzano Veneto. «Vi do la mia parola: la tragedia del Ponte Morandi non resterà impunita: ci sono tutti i presupposti per la risoluzione unilaterale della convenzione», ha ribadito su Facebook aggiungendo che «il Partito dei Benetton non ci fa paura, noi andiamo avanti per difendere gli interessi dei cittadini». Parole dure cui ha fatto seguito la consueta strumentalizzazione del «pianto di dolore dei familiari delle 43 persone che persero la vita in quel 14 agosto di un anno fa, una tragedia annunciata, la relazione dei tecnici del Mit è stata chiara e noi non restiamo in silenzio». «Non mi piace l'atteggiamento irriverente di Autostrade, non mi piace quando qualcuno ricatta lo Stato», ha detto sempre ieri Di Maio puntando il dito contro le repliche del concessionario alle sue intemerate.
Se un ricatto è ipotizzabile in questa vicenda, non è quello delle lobby, ma è piuttosto quello di un ministro che parla a Borse aperte e lascia intravedere soluzioni di compromesso dopo aver minacciato punizioni esemplari. Ecco, se si può trarre una lezione dalla vicenda, è proprio lo scarso rispetto delle istituzioni da parte di chi adesso le occupa.
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