Facciamo il punto sul puzzle del caso Tercas


Un intrico di sentenze e ricorsi verso la decisione della Corte di giustizia europea. La politica che responsabilità ha?


di Mattia Giallonardo
Categoria: ABRUZZO
18/06/2019 alle ore 17:42



Tutto ha inizio nel 2014 quando la Banca Popolare di Bari intervenne nel salvataggio della Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo, la quale si trovava già dal 2012 in amministrazione straordinaria, sottoscrivendone il relativo aumento di capitale. L’intervento fu reso possibile soprattutto grazie al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd), affinché fosse arginato il buco patrimoniale dell'istituto.

Attraverso poi il via libera di Banca d’Italia dunque venne varato il salvataggio. Questo l’antefatto, tuttavia la Commissione europea subito dopo aprì un’indagine approfondita sulla vicenda, arrivando alla decisione del dicembre 2015 con la quale si prendeva atto che le misure adottate col sostegno del Fitd costituivano un aiuto di Stato dell’Italia a favore di Tercas e perciò illegittimo.

Il 19 marzo scorso il Tribunale europeo con la sua sentenza stravolgeva le carte in tavola: era legittimo e non ci fu aiuto di Stato. Nella sentenza si legge che: "Bruxelles non disponeva di sufficienti indizi per affermare che l'intervento sulla banca era stato adottato sotto l'influenza o il controllo effettivo delle autorità pubbliche e che, di conseguenza, era in realtà imputabile allo Stato".

Questa sentenza risulta dunque essere molto importante, perché la Commissione usò la stessa argomentazione, e cioè che i fondi del Fitd fossero controllati dall’ente pubblico, per impedire i salvataggi di Banca Etruria, CariFerrara, CariChieti e Banca Marche nello stesso modo di Tercas e portando poi alle numerose polemiche a seguito del famoso decreto salva banche durante il governo PD.

Puntuale in ogni caso nell’ultimo giorno utile, e dopo le elezioni Europee, il 29 maggio la Commissione ha presentato il suo ricorso alla Corte di giustizia europea. Scorrendo i motivi del ricorso della Commissione si legge che il criterio di valutazione del Tribunale deve essere più rigoroso nel caso in cui sia interessato un soggetto privato come per la Tercas. Si fa più chiara l’impugnativa quando evidenzia che per la Commissione il Fitd non può essere ritenuto come un privato, ma deve invece essere considerato come ente dello Stato, con il conseguente errore del Tribunale.

L’atto di appello ritorna poi sul ruolo della Banca d’Italia, e del ruolo che ha avuto nella vicenda con Tercas e Fitd. Per la Commissione infatti, a differenza di quando sostiene invece il Tribunale europeo, la Banca d’Italia non ha esercitato solo “un mero controllo di legittimità”. Al contrario invece la Banca d’Italia in una normativa è tenuta ad intervenire nella tutela del sistema bancario e per la salvaguardia dei depositanti ma non a garantire il sostegno ad una singola banca, portando il Tribunale in errore secondo la Commissione.

Inoltre non esisterebbero differenze negli interventi di finanziamento del Fondo Interbancario fra il rimborso dei depositari e interventi di natura diversa come nel caso Tercas: questa divisione sbagliata avrebbe influito nella sentenza del Tribunale, che doveva invece riscontrare, per la Commissione, un indicatore di intervento delle autorità italiane. Viene espresso perciò in appello l’annullamento della sentenza del Tribunale, sottolineando come il Tribunale non abbia esternato in modo chiaro tutti i motivi esposti nel primo grado. Una vicenda quindi che lascia ancora con un interrogativo che starà alla Corte di giustizia risolvere, si spera, in modo definitivo.

 

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