Il coraggio di una giornalista


L'occhio del gatto, Il film, #Amanodisarmata, #decimaMusa


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
17/06/2019 alle ore 08:08



#AManoDisarmata (Regia: Claudio Bonivento. Con: Claudia Gerini, Rodolfo Laganà, Maurizio Mattioli, Nini Salerno, Francesco Pannofino. Genere: Drammatico)

 

Claudia Gerini accetta la sfida di interpretare un’eroina dei nostri giorni, tuttora vivente (nonostante gli enormi rischi che si è assunta e che tutt’oggi pesano sull’incolumità sua e dei suoi familiari), in un racconto di cronaca vera e vissuta: dimostrando di essere una brava attrice drammatica e di avere una rara versatilità nel passare da ruoli brillanti a parti come questa, dove da ridere c’è davvero pochissimo (guardate qui, gli ultimi film recensiti, che l’hanno vista protagonista: https://cinedecimamusa.blog/?s=Claudia+Gerini&submit=Cerca).

Parlo subito di lei, plaudendo al suo valore e al pathos che è stata capace di trasmettere agli spettatori, perché ho considerato veramente difficile calarsi con naturalezza nel ruolo di Federica Angeli, la giornalista de La Repubblica divenuta famosa in questi anni per le sue inchieste sulla mafia di Ostia, sul litorale romano.

Addirittura, la stessa Federica si è stupita di vedersi rappresentata con tanta naturalezza e fedeltà: ho letto in un’intervista che i suoi stessi figli hanno confessato di avere dimenticato, nel vedere il film, che a interpretare la madre fosse un’altra persona e non lei stessa (una sensazione simile a quella di cui vi ho parlato ne Il Traditore, pochi giorni fa: https://cinedecimamusa.blog/2019/06/09/il-traditore/).

La storia è del tutto fedele ai fatti realmente avvenuti e ad una vicenda non ancora conclusasi: è pendente il processo penale a carico delle cosche e la protagonista, il marito ed i figli vivono tutt’oggi sotto scorta. Ho apprezzato la scelta di accendere i riflettori, attraverso il cinema, su questi fatti, che forse tutti collegano, nella memoria, alla eclatante testata data da un boss degli Spada a un reporter che gli poneva una domanda scomoda (punita lo scorso anno con una sentenza di condanna a 6 anni di reclusione).

Il film narra del coraggio di Federica Angeli che, come pochi fanno, da cittadina di Ostia, non si è voltata dall’altra parte di fronte all’evidenza che la cittadina stava scivolando nelle mani della malavita organizzata: i negozianti rovinati dal “pizzo”, roghi per coloro che non obbedivano, paura dilagante, accoliti in ogni ambiente, potere assoluto e diffuso, tolleranza da parte delle forze dell’ordine.

Un mix rovinoso per ogni comunità, capace di minare alla base il senso civico e di solidarietà, facendo prevalere un rassegnato assoggettamento che diventa abitudine di vita. Federica utilizza l’arma “disarmata” della penna: è una giornalista di inchiesta, e sa come muoversi per scoprire chi siano i capi dell’organizzazione criminale, che affari tengano in piedi, come si muovano per garantirsi denaro e impunità. La scelta del coraggio stravolge la sua esistenza e quella della sua famiglia: per cercare di spiegare ai bambini (troppo piccoli per capire cosa stesse succedendo) le minacce urlate per strada e le limitazioni di libertà fa come il protagonista de La vita è bella, travestendo da gioco tutto, anche gli episodi più preoccupanti.

Per gran parte del racconto constaterete che Federica è sola contro tutti, fatta eccezione per l’appoggio mai negato del direttore del quotidiano, interpretato da Francesco Pannofino. Ed è un racconto ad alta tensione, anche se conoscendo la cronaca conoscete già il finale. Rimane il valore di mettere in primo piano il giornalismo, quello vero, di inchiesta. come strumento di conoscenza di ciò che accade: mezzo per scoperchiare altarini protetti dal silenzio di tutti, anche a rischio della propria vita.

Federica non è la sola eroina di questa professione, molti sono i giornalisti anche caduti sul campo, per onorare il proprio compito senza paura, fino alla fine. Un segnale che considero importante in un momento storico di rimarcata sfiducia per la categoria e per la funzione dell’informazione e dei quotidiani, nella quale invece, personalmente, credo molto: sopratutto per costruire una coscienza collettiva consapevole e non scioccamente puntellata sulle parole-spot dei social. Motivi per i quali penso che questo sia un film da fare vedere anche ai giovanissimi, al di là del valore artistico in sé, ma per i contenuti ed il messaggio che intende trasmettere.

La colonna sonora è affidata a un bravo artista romano: Mirko e il cane (ascoltate uno dei brani, Da qui: https://youtu.be/2kBhbOjH0r8, anche se il più bello, con lo stesso titolo del film, non sono riuscita a trovarlo in rete).

4 ciak