Sembrava storia chiusa, ma l'inchiesta sulla morte di Guido Conti andrà avanti. Si continua ad indagare per istigazione al suicidio dell'ex generale dei Carabinieri forestali morto 2 anni fa (17 novembre 2017) in circostanze poco chiare.
Il mistero che sempre circonda la morte è ancora più calcato se gira attorno ad un personaggio che ha scritto la storia di questa epoca conducendo le più importanti indagini in materia ambientale d'Italia, dalla scoperta delle discariche dei veleni Montedison di Bussi (Pe), alle relazioni puntuali sulla inutilità delle centrali a biomasse da seminare anche nella sua terra (Bugnara e Avezzano in provincia dell'Aquila), dagli incendi sui monti dell'Appennino ai rimboschimenti costosi e poco utili sino ai Prati pascoli insidiati dalla mafia.
Restano sette nodi da sciogliere per la famiglia Conti che si è opposta all'archiviazione chiesta dal pubblico ministero, Aura Scarsella, così il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Sulmona, Marco Billi, vuole vederci chiaro e su un tracciato, da definire l'11 luglio, deciderà quali indagini suppletive, chieste dalla famiglia, delegare al pm.
In congedo prima del tempo, tre anni alla pensione, Conti lascia la divisa. É l'anno del passaggio del Corpo forestale dello Stato all'Arma dei Carabinieri, accorpamento a molti ancora non gradito. Conti resta per pochi mesi generale dell'Arma e poi decide di accettare la proposta di lavoro alla Total come responsabile del settore ambiente a Tempa Rossa (Basilicata Viggiano). Resiste quindici giorni, si dimette e due giorni dopo muore suicida. La sua carriera in uniforme parte proprio nell'Arma dei carabinieri poi però Conti preferisce i Forestali, il Corpo in cui l'operoso padre aveva compiuto imponenti rimboschimenti, soprattutto sugli Appennini rappresentano opere colossali equiparabili alla costruzione delle piramidi d'Egitto.
Negli ultimi giorni Conti parla con diverse persone, contatta il procuratore capo di Terni, Alberto Liguori e gli racconta di aver avuto strani segnali, chiede appuntamento e incontra diversi altri magistrati di Pescara e Sulmona, sua città d'origine. Vuole allontanare qualsiasi sospetto.
La mattina del 15 novembre il procuratore Liguori racconta agli inquirenti di aver ricevuto un ultimo messaggio whatsapp da Conti che gli annunciava di aver fatto richiesta alla procura di Potenza per capire se risultasse indagato: "Il generale Conti mi invitava a non chiamare il collega perché non voleva assolutamente creare eventuale imbarazzo o dubbi - il procuratore capo di Terni spiega agli inquirenti che Conti, giorni prima, gli aveva chiesto al telefono la cortesia di essere accreditato presso il procuratore della Repubblica del tribunale di Potenza per far conoscere che egli era stato ufficiale dei carabinieri e soprattutto ufficiale della Forestale esperto in diritto ambientale: "Invitandomi altresì a contattare detta autorità" precisa il magistrato.
Nel primo pomeriggio del 15 novembre dalla sede Total della valle del Sauro l'ex ufficiale torna in Abruzzo. Della presunta discussione tra Conti e Francois Rafin, amministratore delegato della Total, si perdono le tracce e l'interesse sulla telefonata anonima con voce contraffatta che racconta la lite, destinata ad una testata giornalistica, sarà completamente perso quando si scoprirà essere stata fatta da un dipendente della multinazionale amico del comandante.
A casa il giorno dopo, Conti recupera il suo personal computer e ne fa cancellare la memoria. Pulitura che faceva eseguire ogni anno, ma perché proprio il giorno dopo l'addio alla Total e un giorno prima di morire, sparandosi nei pressi di una discarica abusiva?
Mano e avambraccio ripiegati sul petto con la pistola calibro 9 in pugno, a trovarlo senza vita appena prima delle ore 21 del 17 novembre, al margine della strada provinciale che da Sulmona porta a Pacentro (Aq) sono due carabinieri forestali della stazione di Pacentro (Aq), suoi amici.
Le primissime ricerche dei familiari erano partite dopo le ore 14 di quel giorno, la famiglia era preoccupata per il mancato rientro per pranzo. Qualcuno alle 14.30 vede Conti sulla Smart della figlia in attesa all'incrocio. È vivo, ma non risponde ai telefoni, uno dei cellulari scompare e il numero sarà clonato, operazione che era stata richiesta e ottenuta dal generale mesi prima quando con un telefono chiamava l'altro numero. Tecnologicamente il generale era un po' impacciato.
Tra le verifiche chieste dalla famiglia, anche quelle sui proprietari di Porsche Cayenne bianche immatricolate negli ultimi 2 anni così da risalire a quella notata sul posto, nel pomeriggio di quel venerdì. Il testimone, impiegato in una lavanderia industriale, nel pomeriggio e circa due ore prima del suicidio si recò a Pacentro per una consegna, era buio al ritorno e sulla strada notò la Porsche ferma dietro la Smart. Non risulta nulla nei video prodotti dalle telecamere dell'impianto di video sorveglianza del circuito pubblico di Sulmona e Pacentro. Video registrati all'ingresso dei caselli autostradali del comprensorio?
Della Cayenne si perde traccia, resta scoperta comunque la strada statale 17 e l'auto potrebbe essere transitata sulla strada del Molise, per Castel di Sangro (Aq) o da Pescara? Un'auto di grossa cilindrata, così bianca, in una località dove quasi tutti si conoscono si fa notare anche se in una strada chiusa e trafficata. Per la mano del generale lo stub ha dato esito positivo, pacchetto di sigarette quasi vuoto, pistola (9mm) mezza scarica. Sono stati chiesti accertamenti su due utenze telefoniche con le quali Conti parla costantemente nei due giorni precedenti la morte e su un'altra utenza riferibile alla Forestale.
"Premesso che l'ipotesi del suicidio è per noi già fortunata rispetto a quella che il generale sia stato ammazzato, abbiamo suggerito delle indagini suppletive alla procura affinché gli investigatori chiariscano alcuni punti oscuri per la tranquillità di tutti e per mettere una pietra sulla vicenda - spiega all'Adnkronos l'avvocato della famiglia - Fugati quei dubbi, non si potrà che disporre l'archiviazione. Abbiamo chiesto, con una indagine medico legale più accurata di poter verificare se la posizione del corpo" è compatibile con il suicidio.
Silvia Conti, dirigente della Polizia stradale di Pescara e sorella di Conti, raccontò agli investigatori che ili fratello non le aveva detto di voler rinunciare all'incarico alla Total o di voler successivamente dimettersi: "Mio fratello non mi ha mai esternato particolari disagi lavorativi legati all'accorpamento del Corpo forestale all'Arma dei carabinieri. Si era sempre limitato a dirmi che doveva abituarsi alle nuove procedure, anche se ovviamente non era stato felice e non condivideva la soppressione del Corpo (...). Nell'ultimo periodo, Guido mi aveva rappresentato più volte l'intenzione di lasciare il servizio poiché cominciava a pesargli la necessità di viaggiare continuamente da Sulmona a Perugia" e comunque anche da Sulmona alla Basilicata non è uno scherzo.
A Primavera del 2017 Conti accenna alla sorella, per la prima volta, della possibilità di andare a lavorare alla Total: "Mi disse che era stato contattato in quanto erano note le sue competenze in materia di reati ambientali e che si sarebbe dovuto recare in Francia per parlare con l'amministratore delegato. Cosa che però non è mai avvenuta perché sarebbe dovuto andare proprio in questi giorni. Non mi ha mai detto di essere preoccupato per la vicenda Rigopiano, non mi ha mai fatto alcun cenno sulla vicenda di Rigopiano né alcuno mi ha mai riferito che mio fratello avesse preoccupazioni al riguardo".
La sorella avrebbe richiesto agli investigatori di recuperare alcuni foglietti che l'ex generale avrebbe custodito nel portafogli e che potrebbero risultare utili all'inchiesta.
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