Eppur (Emmanuel) si muove: in manette in primo big jihadista francese


Se Parigi val bene una Messa, allora Macron metta (davvero) la quarta e pensi meno ai suoi affari


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
29/12/2017 alle ore 10:07

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In manette in primo big jihadista francese arrestato in Siria. E' il “veterano” della jihad Thomas Barnouin, ex membro dell'Iraqig Artigat (Ariege), ora combattente Isis, arrestato a metà dicembre dalle forze curde in Siria in compagnia di di diversi combattenti francesi. L'informazione è stata confermata dai servizi di intelligence.

Se Parigi val bene una Messa, allora Macron metta (davvero) la quarta e pensi meno ai suoi affari e un po'più alla lotta al terrorismo dell'Isis anche in chiave europea, visto che a parole tutti concordano nel fare di più per la famiglia dell'Ue, ma poi ancora una volta si procede a briglie sciolte.

I sei francesi sono stati arrestati da un ramo dell'esercito del Democratic Union Party (PYD), i siriani nella regione di Hasaka (nord-est). Tra i prigionieri spicca Thomas Collange, precedentemente anche nella cella di Artigat, uno dei primi canali per i jihadisti francesi.

Barnouin è un convertito albigese di 36 anni, considerato un teologo e un propagandista molto rispettato tra le truppe IS francesi. È particolarmente vicino ai fratelli Jean-Michel e Fabien Clain, i due responsabili della propaganda francofona dell'IS che hanno registrato il messaggio di rivendicazione degli attacchi del 13 novembre 2015 a Parigi.

Dunque un pezzo grosso, che se stanato anni prima, forse avrebbe potuto far risparmiare qualche vita umana. Ecco, il punto è proprio questo: se Parigi accanto alla tutela legittima dei propri affari (come in Niger, con l'aiutino di Roma) si sforzasse parimenti di destinare più risorse alla lotta contro l'Isis e i suoi capibastone, forse qualche risultato in più lo si potrebbe ottenere.

Nessuno qui ha ideologicamente paura di fare affari, tutt'altro: sono anni che a Roma viene appunto rimproverata una mollezza oggettiva quando si tratta di mettere le proprie aziende nelle condizioni migliori per farsi valere anche a quelle latitudini. Il caso libico è lì, in tutta la sua interezza, a dimostrarlo: aziende italiane hanno maturato in Libia crediti certificati per miliardi di euro e il duo Gentiloni-Alfano non riesce a dar loro la strada ideale per rimettersi in piedi.

Parigi, invece, ha un altro passo. Prima ci ha sorpassati proprio in Libia, con un vertice convocato dallo sgrammaticato Macron senza invitare il premier italiano. Poi la qustione dei cantieri navali, condotta con una supponenza che ricorda Sigonella per boria. Infine la partita in Niger che i francesi giocheranno con gli italiani a coprir loro le spalle, come se a Roma non importasse poi molto di fare più pil in quel continente.

Ecco che alla luce delle bocche di fuoco che la Francia ha e mostra, fa specie notare come siano stati dei dillettanti investigativi ad occuparsi del Bataclan, dei viaggi indisturbati che i jihadisti hanno compiuto tra Belgio, Francia, Inghilterra e Italia.  Mentre i cervelloni e i big Ceo non mancano quando si tratta di andare a tirar su qualche milione di euro in Africa.

La differenza è tutta qui: tra gli annunci sotto (e sopra) elezioni e la successiva amministrazione di quelle pratiche. Roba che il Generale De Gaulle e Mitterand proprio non avrebbero digerito.

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