Un’automobile percorre l’autostrada, a notte fonda. Una donna e una bambina addormentata accanto viaggiano verso una meta sconosciuta. Inizia così “Raccontami tu”, il nuovo lavoro di Maristella Lippolis, originaria di Imperia ma da anni trapiantata a Pescara, reduce dalla presentazione all'Aquila. In questa conversazione con ImpaginatoQuotidiano racconta il suo libro e si racconta.
Da cosa sta fuggendo Caterina? E dove la condurrà quel viaggio? “La passione di esprimere i pensieri, le sensazioni, i sentimenti attraverso la scrittura l'ho sempre avuta fin da ragazzina – esordisce -. Poi l'ho coltivata a fasi alterne fino alla fine degli anni '80, quando ho capito che era proprio quello che volevo fare, in maniera più seria e completa. Quindi ho iniziato a scrivere racconti e li ho mandati per prova ad una rivista, vincendo una serie di selezioni. Non mi sono mai fermata, compatibilmente con le esigenze e gli impegni della vita naturalmente”.
Vive in Abruzzo dal 1970, aveva 20 anni quando ha lasciato la Liguria, “mi sento abruzzese a tutti gli effetti, con la fortuna però di avere due terre dalle quali attingere e trarre linfa vitale”.
E ancora: “Ho un rapporto molto positivo, a Pescara sono arrivata e mi sono fermata essendomi trovata bene. Quest'ultimo romanzo è ambientato proprio a Pescara, è la prima volta che lo faccio in maniera così esplicita, nominando luoghi specifici. Essendo una storia di fuga e accoglienza, mi sembrava particolarmente adatta a questa città”.
Ma cosa l'ha ispirata nella stesura di "Raccontami tu"? “E'una delle domande più difficili alle quali mi trovo a rispondere. Non c'è mai un motivo di ispirazione teorico, le storie si presentano a volte come fulminazioni, come personaggi, nel mio caso quasi sempre femminili. Mi è venuta in mente questa donna, con una piccola bambina che doveva in qualche modo mettersi in salvo: da questi presupposti ho cominciato a scrivere la storia attorno a lei per raccontare da cosa stava scappando, che cosa le succedeva.
Quale messaggio vuole trasmettere? Le sue non sono mai storie leggere, “hanno una certa carica di drammaticità, però se c'è un filo conduttore che le accomuna è sempre questa fiducia nella forza delle donne, della loro capacità di reagire, di ricominciare da capo”.
Qui i personaggi femminili sono tre: Caterina, Dina e Alice, che si incontrano, più o meno casualmente e devono ricostruire la propria vita. “Lo fanno, aiutandosi a vicenda. Il messaggio è questo: quando una donna vuole, ce la può fare. Ci si può salvare la vita o la si può migliorare”.
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